Non
è
certamente
luogo
e
desiderio
del
presente
lavoro
andare
ad
enunciare
nello
specifico
l'esatta
composizione
e
strutturazione
del
rituale
giornaliero
martinista.
Ciò
in
relazione
sia
all'evidenza
pubblica
che
il
presente
scritto
ha,
quindi
non
circoscritta
all'ambito
iniziatico,
sia
per
una
certa
varianza
formale
che
il
rituale
giornaliero
presenta
in
relazione
ai
vari
ordini,
raggruppamenti,
o
linee
di
liberi
iniziatori.
E'
sempre
bene
ricordare,
ed è
doveroso
farlo
in
premessa,
come
l'Iniziatore
martinista
è
comunque
libero
di
riformulare
l'espressione
rituale
in
rapporto
funzionale
alla
propria
naturale
inclinazione,
seppur
rimanendo
sempre
all'interno
del
perimetro
tradizionale
del
martinismo.
Avremo
quindi
che
un
iniziatore
con
un'impronta
maggiormente
legata
alla
cabala
inserirà
elementi
di
tale
disciplina
all'interno
del
rituale,
mentre
colui
che
sarà
maggiormente
legato
ad
un
patrimonio
mistico
cristiano,
o
gnostico,
o
ermetico,
sempre
nel
rispetto
delle
specificità
martiniste,
provvederà
a
dare
un'impronta
ad
essi
consona.
Risulta
altrettanto
ovvio,
e
questo
non
è in
contraddizione
con
quanto
sopra
enunciato,
che
in
quelle
realtà
che
raccolgono
più
iniziatori
vi è
l'esigenza
di
avere
un
impianto
comune
di
ritualistica,
onde
meglio
esaltare
il
lavoro
energetico
individuale,
di
gruppo
ed
eggregorico
che
è
alla
base,
ma
non
solo,
del
martinismo
stesso.
Sarebbe
in
questo
caso
auspicabile
una
maggiore
evidenza
identitaria
tesa
a
raccogliere
non
soltanto
le
persone
di
Desiderio
che
bussano
alla
porta
martinista,
ma
coloro
che,
oltre
a
presentare
tale
moto
d'animo,
abbiano
anche
le
caratteristiche
culturali
ed
iniziatiche
in
modo
da
inserirsi
proficuamente
e
degnamente
nel
lavoro
in
catena.
Onde
evitare
i
tanti
e
tristi
casi
di
fraintendimenti,
riposi
più
o
meno
forzati,
allontanamenti
volontari
o
consigliati,
che
affliggono
tante
catene
martiniste.
Dando
spesso
luogo
a
fenomeni
più
consoni
ad
una
transumanza
di
armenti,
piuttosto
che
ad
una
realtà
iniziatica.
Terminata
la
premessa,
ed
addentrandoci
nelle
dinamiche
del
rituale
giornaliero,
possiamo
affermare
che
esso
è
elemento
fondante
dell’identità
martinista
sia
generale
che
particolare.
In
meritò
all'identità
generale
il
Martinismo
è
una
scuola
d'opera
fattiva
e
non
di
speculazione
metafisica.
Ciò
non
significa
ovviamente
che
il
martinista
è un
pratico
escluso
da
una
dimensione
filosofica,
ma
solamente
come
quest'ultima,
nei
giusti
modi
e
giusti
tempi,
è
tesa
ad
esaltare
e
contribuire
alla
pratica
stessa.
Fornendo
all'iniziato
quei
riferimenti
culturali,
simbolici,
e
immaginifici
che
permettono
di
riattivare
non
solamente
la
memoria
spirituale,
ma
anche
un
senso
e
una
prospettiva
alla
pratica
stessa.
Inoltre,
sempre
rimanendo
all'interno
di
una
prospettiva
generale,
dobbiamo
altresì
ricordare
la
matrice
evidentemente
cristiana
del
martinismo.
Louis
Claude
de
Saint-Martin
era
un
mistico
ed
esoterista
cristiano,
così
il
Papus,
e
gli
altri
padri
storici
di
tale
scuola
tradizionale.
Quindi
in
tale
ottica,
volta
a
mantenere
il
martinismo
ben
connesso
alla
propria
radice
spirituale,
è
ovvio
che
il
rituale
giornaliero,
così
come
ogni
altro
elemento
strumentale
e
filosofico,
debba
mantenere
traccia
evidente
della
sua
natura
spirituale
cristiana.
Onde
non
degenerare
in
una
deriva
relativistica
tanto
cara
allo
spirito
dei
tempi,
causandone
il
completo
snaturamento.
In
merito
all'identità
particolare
possiamo
solamente
evidenziare,
con
altre
parole,
quanto
detto
in
precedenza
in
merito
alla
qualità
di
libertà
dell'iniziatore.
Il
rituale
nella
sua
strutturazione
complessiva,
o in
alcune
parti
di
esso,
avrà
l'impronta
filosofico-operativa
di
colui
che
regge
la
catena,
dando
quindi
agli
iniziati
ad
esso
collegati,
in
virtù
dell'opera
fattiva
e
del
crisma
iniziatico,
strumenti
affinati
alla
particolare
cadenza
e
natura
del
lavoro
che
individualmente
e
collettivamente
andranno
a
svolgere.
Rimarcando
quindi
la
necessità
non
solo
di
una
coesione
dei
vari
elementi
che
compongono
il
rituale,
ma
anche
nell'offrire
un'adeguata
prospettiva ai
medesimi.
Prendiamo
ad
esempio
un
elemento
quale
la
croce
cabalistica
di
cui
non
è
mistero
la
presenza
nei
lavori
martinisti.
Essa
potrà
avere
valenza
diversa
in
guisa della
prospettiva
data
ai
lavori
rituali.
In
un'ottica
meramente
cerimonialista
sarà
strumento
di
apertura-chiusura
o di
bando,
oppure
potrà
avere
impiego
come
attivatore
di
centri
energetici,
ed
infine
di
"identificazione"
dell'operatore
con
particolari
attributi
del
divino
sul
piano
manifestativo.
Sarebbe
sempre
utile
interrogarci
sul
senso
di
ciò
che
andiamo
a
svolgere
e a
trasmettere,
anche
agli
altri,
durante
i
nostri
lavori.
Altrimenti
il
rischio
è
quello
di
precipitare
in
uno
sterile
scimmiottamento
di
comportamenti
e
gesti,
precludendo
ogni
possibilità
di
reale
lavoro.
Analizzando
un
piano
strettamente
operativo
possiamo
vedere
come
il
rituale
giornaliero
martinista,
riveste
una
peculiarità
assente
nella
maggior
parte
delle
realtà
iniziatiche.
Il
martinista
apparentemente
opera
individualmente
usufruendo
di
strumenti
specifici,
e
all'interno
di
un
campo
magico
ed
energetico
che
dovrebbe
essere
ben
definito.
Al
contempo
in
virtù
del
legame
spirituale
con
il
proprio
iniziatore,
e
della
funzione
di
unione
ed
esaltazione
dell'Eggregore,
opera
in
comunione
con
gli
altri
fratelli
della
catena.
Questo
grazie,
ma
non
solo,
all'identica
ritualia
che
unisce
i
componenti
della
singola
catena,
e
dei
tempi
fissi
in
cui
questa
viene
posta
in
essere.
Un
martinista
isolato
può
sempre
operare,
e
proficuamente
trovare
sostentamento
energetico
e
spunti
filosofici
dal
rituale.
Altrettanto
non
si
può
dire
per
componenti
di
altre
realtà
iniziatiche,
che
una
volta
isolati
sono
costretti
ad
una
forzata
inattività.
Il
rituale
giornaliero,
nella
sua
armonica
strutturazione,
consiste
in
un'apertura,
una
fase
operativa,
e
una
chiusura.
Dove
elementi
simbolici,
sonori,
e
gestuali
trovano
una
fusione
che
investe,
o
dovrebbe
investire
il
martinista,
in
ogni
espressione
del
suo
essere:
sfera
fisica,
psicologica,
ed
energetica.
La
presenza
a
noi
stessi,
e
l'attenzione
sull'Opera
che
si
sta
compiendo,
oltre
ovviamente
ad
una
congruità
ideale
e
spirituale
alle
radici
tradizionali
del
martinismo,
porteranno
l'iniziato
a
non
vivere
il
rituale
giornaliero
come
una
parentesi
più
o
meno
ostica
all'interno
del
transitare
del
tempo,
ma
ad
organizzare
la
propria
vita
attorno
al
rituale
giornaliero
stesso.
Così
come
una
ruota
trova
il
proprio
centro
e
ragion
d'essere
nel
perno.
La
comprensione
delle
dinamiche
che
legano
ogni
elemento
del
rituale,
porteranno
a
considerarlo
non
come
una
sequela
di
elementi
fra
loro
misteriosamente
ed
artatamente
connessi,
bensì
come
unica
e
sempre
fruttuosa
espressione
dove
lo
stesso
martinista
è
elemento
di
volontà
e
d'opera,
parte
integrante
ed
indistinta
di
un
rituale
che
non
è
più
posto
esternamente
a sè,
ma
ne
rappresenta
una
simbiotica
risonanza.
Concludendo,
il
rituale
giornaliero
è
uno
dei
capisaldi
dell'identità
martinista,
che
continuamente
ripeto
essere
di
fattiva
opera
e
non
di
sterile
filosofia,
e
l'iniziato
trova
in
esso
quel
nutrimento
supersostanziale.
Nutrimento
che
investe
ogni
bisogno
del
proprio
essere
magico,
in
virtù
della
prospettiva
operativa
che
lo
guiderà
attraverso
l'esercizio
della
docetica
impartita
da
propri
superiori
viventi,
e
sotto
l’influsso
benefico
dei
Maestri
che
hanno
passato
il
velo
ma
che
sono
sempre
presenti.