I Colori nel Martinismo
V.M.A. IPERION

P

er chi ha avuto modo di soffermarsi sull’uso dei colori all’interno dell’Ordine Martinista avrà avuto modo di notare che vi è un’apparente discordanza fra la sequenza ascendente dei colori dei tre tappetini operatori (nero, bianco e rosso) posti sul tavolo iniziatico del Ph::: I::: e i colori dei cordoni che contraddistinguono i gradi degli appartenenti all’Ordine (nero per gli Associati, rosso per gli Iniziati e bianco per i Superiori Incogniti). In effetti, seppur l’osservazione sia a prima vista legittima, è evidente che tale diversità sussiste solo in quanto, simbolicamente, si vuole fare riferimento a concetti differenti. Nel primo caso la sequenza dei colori dei tappetini (nero in basso, bianco sul nero e rosso sul bianco) fa riferimento alla successione delle tre principali fasi alchemiche (nigredo, albedo e rubedo) tant’è che spesso vengono anche chiamati “tappetini ermetici”. Analogicamente, il nero è collegato all’iniziale fase di intro-ispezione, di discesa nell’inconscio, che dovrà attivare il novizio, fase comune ad ogni Schola, a cui segue il bianco, la percezione di quella luce che segna una presa di coscienza del sé, per concludersi nella fissazione stabile di questo sé, che fa dire all’adepto: io sono. È evidente, che questo è solo uno degli aspetti possibili dell’iter operativo che comunque deve essere vissuto, sulla propria persona, sub specie interioritatis. La disposizione dei tappetini può anche essere ricondotta, all’opera di L.C. de Saint-Martin, dove il colore nero corrisponde all’Ecce Homo, alla condizione di mortificazione, il colore bianco è riferito all’Uomo di Desiderio, all’aspirazione di redenzione e rinascita, e il colore rosso rappresenta l’Uomo Nuovo, lo stato di unione indissolubile fra la coscienza umana e l’anima spirituale. Per i colori che contraddistinguono i cordoni dei vari gradi, deve essenzialmente farsi riferimento al principio gerarchico legato alla progressiva percezione della luce, comune, fra l’altro, ad ogni società iniziatica tradizionale. Pertanto, si passa da uno stato iniziale di carenza di luce (nero), ad uno successivo di baluginio segnato dal sorgere del sole all’orizzonte (rosso), per pervenire, infine, ad uno stato di plenitudine dettato dalla luce del sole ormai alto nel cielo (bianco). Un’analogia la si riscontra anche negli abiti talari adottati dalla Chiesa Cattolica, in relazione del grado gerarchico: nero per il clero, rosso per i cardinali e bianco per il papa. Anche per la successione dei colori dei cordoni, appena vista, può farsi riferimento al Filosofo di Amboise. Nel libro I Numeri, così scrive: “… lo spirito non si considera che per le sue operazioni ed i colori che gli servono da segno”, mentre nell’opera Le lezioni di Lione, aveva già scritto: “Il nero ci richiama la notte, o le tenebre dove l’uomo fu immerso quando cessò d’essere in vista del principio divino … il colore rosso ci indica il colore del sangue, o del principio corporeo della nostra forma che ha la sua sede nel sangue … il bianco ci indica il colore del Sole, emblema dell’essere unico primo”. In conclusione, riprendendo quanto prima accennato, con i colori dei tappetini operatori si vogliono rappresentare le fasi che contraddistinguono l’iter operativo, mentre i colori dei cordoni evidenziano le differenti manifestazioni dello spirito individuale durante l’operatività propria del Martinismo