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Abraxas il Simbolo
di Filippo Goti



Premessa

 

In un lavoro precedente (Abraxas apparso nel numero 15 di Lex Aurea), ho affrontato l’origine del mito di Abraxas, la sua nascita in ambito esclusivamente alessandrino, e come questa divinità gnostica, la cui conoscenza era ristretta ad un piccolo gruppo iniziatico, è riuscita a  preservarsi nel corso dei secoli, affiorando a più riprese nella tumultuosa storia dell'esoterismo occidentale. Non è quindi intenzione di questo lavoro ripercorrere le linee guida che sono alla base della storia di Abraxas, bensì quello di approfondirne lo studio simbolico.

 

 

La domanda

 

Il presente lavoro nasce in realtà da una domanda, o meglio una constatazione, di un mio corrispondente. Osservando una raffigurazione di Abraxas ebbe a dire:" I serpenti al posto delle gambe, non infondono un senso di stabilità alla figura" . Il tono di voce rivelava un misto di ammirazione e di sconcerto, innanzi a questa figura così contraddittoria, ed avvolta dai veli del mistero e del tempo. Posso ben comprendere lo sgomento di colui che poco avvezzo allo gnosticismo si trova davanti Abraxas, un'immagine apparentemente composita, che sfida e rompe la razionalità e la logica di cui siamo forgiati. Apparentemente composita, dicevo, in quanto in realtà Abraxas sviluppa un’inquietante armonia, dove i singoli elementi, se colti nell'insieme, non presentano nessun punto di frattura, se non nella mente di chi osserva.... Ed è sicuramente questo l'effetto simbolico ricercato: silenziare tramite l'orrore e l'assurdo la sfera logica-dialettica, in modo che altro tipo di funzione e processo percettivo-cognitivo possa emergere.

 

Approfondimento simbolico

 

L'impatto visivo di Abraxas è assurdo. Due serpenti in movimento reggono un tronco di uomo avvolto in una corazza, le braccia agitano uno scudo e una frusta, mentre una testa di gallo sembra sfidare il mondo intero.

La storia del simbolo ha definito tali immagini chimere, composizioni fantasiose e perverse che creano uno stato di disagio in chi le osserva, quasi una sorta di sovvertimento dell'ordine del reale. Ed è infatti dall'irreale, dalla terra che sta oltre le forme che affiorano  Abraxas, la Chimera, la Melusiana, l'Ippogrifo, il Pegaso, e gli altri "capricci" della storia metafisica umana. Dobbiamo però immediatamente precisare la definizione di irreale, in questo contesto, ha solamente il valore di non tangibilità,  o in altre parole di non sensibile o sensoriale effetto, visto che comunque la nostra mente, il nostro cuore, e anche le nostre viscere ne sono inesorabilmente colpite. E' su questo "colpo effettivo" che tutto il lavoro sui simboli trova fulcro e ragione. Il simbolo, qui non mi dilungherò, è energia concentrata nel minor segno, come la parola di potere (mantra) è la maggior energia concentrata nel minor suono.

In Abraxas abbiamo simbolo e parola di potere, coese e indissolubili.

 

Abraxas ci appare come fluttuante, mentre si erge, minaccioso, su due serpenti. Come è possibile trovare slancio, forza e possanza ergendosi senza l'ausilio di gambe o zampe ? Sono infatti le  gambe il perno attraverso il quale l'uomo si eleva dalla polvere, ed è sempre attraverso le gambe che l'uomo trova movimento eretto ( il potere di vincere la forza della terra, la capacità di elevarsi verso il cielo ). 

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Il serpente è simbolo iniziatico universale. Lo ricordiamo nella tradizione orientale ad indicare i cicli della manifestazione, e l'energia vitale dell'uomo, come in quella egiziana emblema della regalità e del potere, in numerosi culti come manifestazione dell'energia sessuale. Annotiamo anche come nell'antichità era simbolo sia della Saggezza che proviene dal divino, sia come il sottile male che può cogliere improvvisamente. In Abraxas sembra accogliere, nella sua voluta indeterminatezza, tutti questi significati aggiungendovi quello della conoscenza, che in ambito gnostico deriva dal serpente "liberatore" dell'uomo dalla schiavitù del Eden.

 

Indubbiamente in ambito gnostico, l'immaginario del serpente si lega principalmente a questi passi della genesi:

 

Genesi 3:1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?».

Genesi 3:2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare,

Genesi 3:4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto!

Genesi 3:13 Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Genesi 3:14 Allora il Signore Dio disse al serpente:

«Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.

 

 

In numerose scuole gnostiche, ed Abraxas non finiremo mai di ricordarlo afferisce a tale patrimonio iniziatico, abbiamo un rovesciamento della gerarchia dei "valori cosmogonici, morali e sociali". Rovesciamento determinato dalla convenzione che la manifestazione tutta, sia null'altro che un errore ad opera di una potenza intermedia ( Il demiurgo identificato nel Dio dell'Antico Testamento ), ed è quindi dal serpente, che si pone arrotolato all'Albero della Vita fra Adamo ed Eva, che trova inizio e fine la libera condizione umana nella speculazione gnostica.

Quindi se nella nascente teologica cristiana-romana e cristiana-ellenica, legata a dogmatismi e alla sfera della legge, il serpente viene legato indissolubilmente al maligno tentatore dell'ordine edenico, trova collocazione nell'immaginario gnostico come salvatore dell'uomo dalla prigionia demiurgica.

Non è forse il serpente la più infida delle creature, in virtù del suo strano muoversi, del suo essere privo di zampe, dei suoi movimenti repentini, del freddo del suo corpo, e del pericolo mortale del veleno ? Il serpente è da sempre un animale legato alla notte e alla terra, un animale che incute maggior timore di qualsiasi altro, in quanto incarna la diversità dall'uomo e dal regno animale. Sulla terra striscia e si nasconde, ed è durante la notte, mentre dormiamo, che maggiormente temiamo la sua aggressione. In ambito magico la forma serpente rappresenta un'ente che proviene da un altro piano manifestativo, portatore di una velenosa conoscenza, che "uccide" l'indegno, l'impuro, ed elargisce dono-potere al meritevole.

Nella cosmogonia egizia il serpente è colui che striscia fuori da Nu ( l'Abisso egizio ), cristallizzandosi nella Monade Solare, da cui tutto ebbe inizio. Il serpente è quindi un'intelligenza che proviene da "altro", da un non luogo, in quanto non posto su questo piano fenometico. Un'intelligenza istintiva, non mediata da nessuna ragione o remora, volta a creare o distruggere senza compromesso: rappresentando al contempo sia la Bestia, sia la la conoscenza della Bestia. 

 

 

 

Il tronco è umano è avvolto in una corazza, posto fra i serpenti e il gallo sembra come sperduto. Essa è un simbolo di guerra e di protezione. Essa avvolge il corpo del soldato, donando sicurezza, e permettendo che ogni fibra del suo essere sia protesa a colpire l'avversario. Indubbiamente la corazza, unita allo scudo e all'arco o alla frusta ( che spesso accompagnano Abraxas, come simboli di potere effettivo e personale ), richiama ad una lotta in corso o avvenire. E' Abraxas un simbolo di movimento di cambiamento, di effetto non mediato da causa precedente, ed è quindi effetto e causa, e come senza ipocrisia sappiamo ogni cambiamento è un atto di volontà, che rompe una quiete precedente. Questo ci suggerisce Abraxas, questo e non solo. Sorge adesso la lecita domanda di quale volontà stiamo parlando, e la risposta va ricercata nel cuore, in questo muscolo involontario da sempre indicato come fulcro della vita fisica e spirituale dell'uomo, sede dell'anima: del vettore attraverso il quale muoverci fra i piani grossolani e sottile. I serpenti, duplici, al plesso solare, il tronco umano e l’armatura al plesso cardiaco, mentre la testa di gallo nella zona intracigliare. Come ad indicare chiaramente che la le armi ( scudo e flagello ) devono essere sorrette dalla forza atavica del serpente, dal pensiero superiore del gallo e dalla volontà pura del cuore: dalla purezza che in esso alberga e da esso si manifesta.  I due serpenti contrapposti, che tirano la figura in due direzioni opposte, sono si simbolo di movimento, ma potenziale, ed è quindi solamente dalle braccia e dagli utensili che sollevano le uniche possibilità di sicura azione. E' nel cuore ciò che è in alto ( intelletto ) e ciò che è in basso ( atavismo ), che avviene la sintesi suprema. Un apparato che deve essere protetto da ogni intromissione, da ogni intrusione esterna ed estrema. L'armatura isola il guerriero dal mondo esterno, preservando gli organi dai colpi, quindi il simbolo dell'armatura indica la capacità di isolamento e preservazione spirituale dalla caducità delle cose. Al contempo il sostituire alla carne ( in se e per se caduca ), lo scintillante metallo, è indicativo di una , in una fulgente ed immodificabile spiritualizzazione della stessa. Quindi questo tronco, avvolto in una corazza, non è il tronco dell'uomo avvolto nelle luci e nelle tenebre del creato, ma dell'uomo antico, imperituro e inattaccabile. Non siamo quindi posti, noi, sulla vetta di un'evoluzione, ma nella fase discendente di un'involuzione spirituale, o nella migliore delle ipotesi alcuni stanno lentamente rialzando lo sguardo verso il cielo. 

 

Come  testa un gallo, ad indicare quindi  l'origine e la valenza solare della sede del pensiero e dell'intelletto. Il Gallo all'alba del chiaror di luce, canta annunziando alle menti, ai cuori e alle anime ancora avvolte nel sudario della notte dell'ignoranza, il sorgere del Sole ad Oriente. Ed innanzi a tale astro luminoso che nessuna ombra potrà dilatare, confondere, sfumare ciò che si è, o ciò che potevamo essere. Il Gallo è un testimone che avverte del sopraggiungere dell'inevitabile, offrendo un ultimo momento ( ma quanto può durare un momento ? ) per il catarchico cambiamento.

E' il gallo un incompiuto, un uccello che ha perso l'attitudine al volo, sospeso fra la terra che lo trattiene a se, e il cielo che lo richiama a se. Testimone di ciò che era, di ciò che passa, e di ciò che giunge al levarsi del Sole: di una rinascita spirituale attraverso l'azione e l'esercizio dell'attenzione.

Ricordiamo Platone nel Timeo:" La Testa umana è l'immagine del mondo". Ciò a mio avviso, in quanto è nella testa, nel locus psichico, che è possibile racchiudere l'universo interno, e le varie oscillazioni dello stesso. Nei fatti la testa magica, la luce astrale, non si deve disperdere nell'infinito, ma raccogliere ( per quanto impossibile sotto il profilo logico ), l'infinito in essa.

Lo gnosticismo alessandrino, colto e complesso rispetto a quello di matrice iranica ( poetico ), si propone spesso con precise e ardite costruzioni cosmogoniche, dando l'illusione al lettore, al profano, di poter quasi con la logica, e la mera enumerazione, di poter cogliere il mistero divino (che è poi specchio del mistero dell'uomo), illudendolo di essere giunto alla soglia del Temp(i)o . Appena però il profano è giunto quasi a sfiorare i lembi della veste divina, viene frustrato e abbattuto, attraverso il monito che l'Ineffabile è avvolto dal Silenzio e dall'Abisso ( il Silenzio della Mente, l'Abisso che separa il conscio dall'inconscio). Quasi a suggerire nei fatti che è quindi necessario un balzo, un mostruoso perdersi della nostra dimensione umana, legata a pesi e misure ( tanto indicativi della degenerescenza spirituale, se rinvenuti in ambito esoterico ).

Ecco quindi la testa di gallo, come mostruosa abdicazione finale della ragione, a favore del potere dell'immaginazione, non quindi una testa di Mostro, ma una Testa centro di emanazione, del fulcro della capacità di essere Altro.

 

Conclusioni

 

Ecco quindi Abraxas che appare come composizione, non mediata, non diluita, manifesta in tutta la sua potenza della Triade che compone l'Ente Superiore, a cui l'uomo gnostico è proteso. I serpenti (due, in quanto il serpente è vita e morte, in eterno divenire nel suo ipnotico movimento ) al plesso solare, ad indicare la potenza tellurica degli atavismi. La corazza, lo scudo e le armi, al plesso cardiaco, indicando la protezione e la volontà, insite nel cuore, come espressione dell'azione creativa. Il gallo nella zona volitiva emblema del pensiero astrale.

 

Il simbolo di Abraxas calato su di un piano razionale e dialettico, rappresenta un elemento e un momento ( quindi Ente ) di rottura. Capace di lasciare interdetto l'osservatore, che seppur non cogliendo prontamente l'essenza dello stesso, ne intuisce la non riconducibilità e riducibilità a schemi ordinari. Perchè mai dovrebbero i serpenti di Abraxas donare stabilità nell'interlocutore ? Essi sicuramente non furono fatti per dare movimento sulla terra, non appartenendo Abraxas a questo piano della manifestazione. Giova sempre ricordare come nella scuola basilidiana esso regna sull'ultimo dei 365 cieli, ed in un'espressione piramidale ,e posto al vertice ( lo zero che diviene 1 ), della manifestazione stessa. Abraxas sembra emergere, ed emerge, da una regione profonda ed oscura, dove archetipi (gallo) ed agiti (serpenti) sembrano danzare assieme, incarnandosi nel cuore dell'uomo. Ed è sicuramente più dal cuore, che non dalla testa, o dalle viscere, che è necessario intraprendere il cammino di conoscenza e coscienza di Abraxas.

E' nel cuore dell'uomo stesso, sotto la maschera delle apparenze, della personalità, e di quanto manifestato e mediato all'esterno, che il simbolo di Abraxas pulsa violentemente: è nel cuore dell'uomo che slegati da ogni principio fisico, ideali superiori di perfezione ed armonia e le forze telluriche primordiali sono di due cose, una cosa sola: effetto senza causa.


        


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