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Abraxas
di Filippo Goti



 

"l'uccello combatte per uscire dall'uovo. L'uovo è il mondo. Chi vuole nascere deve distruggere il mondo. L'uccello vola a dio. Il nome del dio è Abraxas " -

Herman Hesse, Demian

 

Introduzione

 

Come un fiume carsico che emerge più volte durante il suo corso verso il mare, affiorando agli occhi di ignari, occasionali, o ignoranti osservatori, così Abraxas da quasi duemila anni emerge continuamente nello spazio esoterico, da un lato irridendo coloro che hanno cercato di sopprimerlo attraverso il rogo e l'ostracismo, e dall'altro lasciando stupiti o istupiditi coloro che sono avvezzi a considerare i simboli esoterici come pezzi intercambiabili di un unico puzzle.

Troviamo l'incisione della parola Abraxas e della fantastica figura che lo rappresenta su pietre, gemme, manoscritti e sigilli. Gnostici, Vescovi, Priori Templari, cabbalisti, massoni e occultisti si sono fregiati di tale sigillo, o strumento: chi per il riconoscimento, chi per l'operatività, e chi per entrambe.

Giova sempre ricordare come in alcune messe che traggono libera ispirazione dallo gnosticismo alessandrino, spesso Abraxas viene invocato affinchè offra conoscenza e grazia ai fedeli.

Ancora alcuni vogliono che la parola magica ABRACADRABA, altro non sia che una particolare trascrizione di Abraxas. La rinveniamo per la prima volta nel Liber medicinalis ( secondo terzo secolo ), ad opera di Sereno Damonico, medico gnostico discepolo di Basilide. Suggerendo quindi una etimologia non ebraica della parola magica in oggetto, vista l'ostilità verso il patrimonio spirituale e religioso ebraico,  considerati espressione demiurgica, di Basilide.

 

Inquadramento gnostico

 

Come anticipato l'ambito gnostico da cui è emerso Abraxas è riconducibile a Basilide, maestro alessandrino del primo secolo dopo cristo ( ancora una volta è da notare la coincidenza temporale assoluta fra cristianesimo religioso e cristianesimo gnostico, suggerendo quanto meno la compresenza di almeno due o tre radici cristiane ), la cui scuola, a carattere iniziatico, ebbe un'ampia diffusione in tutto il bacino del mediterraneo.

Alcuni brevi cenni alla gnosi basilidiana, rimando ad altre trattazioni più specifiche in materia, sono il dualismo fra spirito e materia, la creazione di questo mondo da parte di un Demiurgo coincidente con il Dio ebraico, la presenza di 365 cieli che sovrastano questo nostro mondo, e che devono essere risaliti, attraverso adeguate parole di passo, per poter giungere alla liberazione.

Sul Trono del cielo più alto siede Abraxas,  associando ad ogni lettera ( in greco ), un numero ( A=1, B=2, R=100,A=1,X=60,A=1,S=200 ) otteniamo 365. Ovviamente ci riferiamo quindi  ai giorni dell'anno solare, in un ciclo di vita-crescita-morte-rinascita nel quale l'influenza divina si dispiega, e dal quale l'uomo gnostico si deve sottrarre. Abraxas è quindi colui che regge l'ultimo dei cieli, quello più alto, dove lo spirito è oramai liberato dall'influenza della materia, e si connatura come Divinità Solare ( è il simbolo del Sole che contraddistingue l'ultimo cielo), al pari di Mitrha ed Horus, in un ciclo di compimento che vede l'uomo unico protagonista, e la meccanica natura come antagonista. Si vuole che le lettere che compongono il nome di Abraxas siano la radice del nome dei sette angeli che hanno creato il mondo, oppure che il nome di questa divinità gnostica altro non sia che quello divino dispiegato. Sono invece sicuramente fantasiosi, o frutto di pochezza culturale, i tentativi cabbalistici di associare Abraxas ad Abramo (Abraham ), purtroppo, per loro,  la natura fortemente antiebraica della gnosi Basilidiana, la connaturazione solare e spirituale di Abraxas, mal si conciliano con l'ibrido spirituale Abramo, legato alla terra, al desidero e alla dualità conflittuale ( Isacco ed Ismael ), ma come ben sappiamo di forzatura in forzatura tutto può essere piegato a piacimento.

Sempre in ambito cabbalistico, e ancora ciò va preso con estremo beneficio di inventario in quanto non si accorda alla radice gnostica basilidiana, si vuole che le prime tre iniziali di ABRAXAS, indicassero le tre parole ebraiche Ab (Padre), Ben (Figlio) Ruach (Spirito), raccogliendo quindi in tale divinità l'origine della trina manifestazione divina. Per i lettori che non si lasciano trascinare dalle infatuazioni sincretistiche, apparirà macchinosa come per giungere a tale convergenza, sia necessario traslitterare le lettere ebraiche in greco, addentrandosi in un gioco intellettuale da cui è possibile trarre ogni risultanza.

Quello che sicuramente possiamo affermare, è come il supremo sette (uno degli attributi di Abraxas, in relazione ai sette angeli/eoni emanati, il quali hanno formato il mondo e i cieli ), può essere considerato la suprema Mente, da cui è scaturita ogni creazione. La mente dove per immota casualità, o per mota causalità, ha preso forma un'idea, trovando in essa germe di sostanza ogni duale attributo, in quanto separata dall'oceano quintessenziale in cui si trovava indistintamente immersa.

 

Il profilo simbolico di Abraxas

 

Abraxas appare come una figura fantastica dalla testa di gallo, il tronco di uomo, e due serpenti come gambe. In alcuni sigilli lo ritroviamo armato di frusta, in altri di arco, e quasi sempre provvisto di scudo. Un essere quindi fantastico, frutto di un'ardita composizione simbolica, che ricorda altri esseri legati al sacro e al mondo mitologico ( Melusina, Ippogrifo, Chimera, ecc... )

Tali rappresentazione altro non sono che la traslazione su di un piano immaginifico di un vettore, o veicolo, che unisce il mondo dei fenomeni umano al mondo spirituale, in altri termini una raffigurazione dinamica di un concetto non afferrabile nella sua interezza, attraverso il pensiero dialettico razionale. Vi è un termine psicopombo che forse può aiutarci a comprendere il significato di questo Immaginario, un termine che indica degli animali in grado di traghettare l'uomo  conscio, verso le profondità dell'uomo inconscio, a tale genere di rappresentazione afferisce Abraxas ? Oppure è egli stesso l’inconscio manifesto ?

 

La testa di Abraxas è quella di un gallo, simbolicamente questo animale è legato al mattino, e al Sole. Esso rappresenta la vigilanza, l'attenzione, e nel cristianesimo esoterico la resurrezione. Il gallo è quindi colui che saluta il Primo Sole, che emerge dalle tenebre, ad indicare quindi la volontà protesa verso lo Spirito occultato, ma possiamo anche leggervi l'annuncio della venuta del Cristo, e del cambiamento fra una fase di ignoranza (notte), ad una fase di conoscenza (giorno). Al canto del gallo non sta bene farsi trovare ancora immersi nel sonno della ragione, per non rischiare come San Pietro, che il torpore e l'inebriamento delle emozioni ci conducano a testimoniare il falso, su ciò che in realtà siamo, o dovremmo essere.

 

Le gambe rappresentano l'elevazione e la possanza: il fondamento su cui si regge tutta l'opera umana. Esse sono, per ovvia constatazione, il basamento o piedistallo necessario, per elevarsi e tendere al cielo, se salde a terra permettono all'uomo di protendersi verso l'alto, è attraverso di esse che traiamo forza dall'elemento terra, ma che subiamo anche la forza dell'elemento aria.

In Abraxas le game sono sostituite da due corpi di serpente. Un simbolo questo che ritroviamo in innumerevoli culture iniziatiche, rappresentante sia l'energia nella sua forma pura, senza condizionamenti ne indirizzo, nella bivalenza di cura e di morte, ma anche una conoscenza arcana, profonda ed abissale. E' utile ricordare come nell'immaginario gnostico il serpente rappresenti oltre alla primitiva e superiore conoscenza sul bene e sul male, capace di liberare l'uomo dalla d'orata prigionia demiurgica nel Paradiso Terreste, anche la potenza sessuale al suo stato primordiale. E’ infatti attraverso il bionomio sesso-conoscenza, che lo gnostico comprende la genesi, e fonda la propria opera.

 

La frusta è antico simbolo egizio di potere, di dominazione, di punizione, legato a divinità del tempo, nell'Antica Roma la frusta era appesa ai carri di trionfo, mentre il Grecia era simbolo dei Dioscuri. La frusta riassume in se lo scettro ( potere ) e il cappio ( punizione ). L'associazione scudo frusta, indica la completezza di Abraxas in grado di dispiegare il proprio supremo potere, ed immune ad ogni altro potere.

 

Il sette, come le lettere che ne compongono il nome, è il numero fondamentale che regola la manifestazione ( sette i colori, sette le note, sette i giorni della settimana, sette i vizi, sette le doti, le direzioni, ecc... ). Il sette è l'incontro fra il 4 ( gli elementi ), e il 3 ( numero delle tre forze: positiva, negativa, e neutra, ma anche del divino ), la geometria esoterica ci suggerisce che la comunione fra il quadrato e il triangolo, frutta il pentagono ( l'uomo realizzato ).

 

Possiamo vedere anche i tre elementi zoologici che compongono Abraxas ( serpenti, tronco umano, e testa di gallo ), come la necessaria cooperazione fra l'elemento inconscio-atavico ( la forza sessuale del serpente nella sua duplice natura di elevazione ed abbattimento ), l'elemento conscio-razionale ( il corpo umano e l'ordine con cui sostiene gli strumenti di dominio e difesa ), e l'istanza divina solare che armonizza, trasmuta ed eleva gli elementi inferiori, ma necessari.   

 

 

Abraxas e C.G. Jung

 

Uno degli aspetti meno conosciuto del pensatore C.G.Jung è la sua passione innata per il simbolismo e l'immaginifico, che spesso si estrinsecava attraverso il perseguimento di pratiche sicuramente poco ortodosse per il mondo scientifico ed accademico di allora, come di oggi.

 

Pratiche che potremmo definire oscillanti fra la medianicità, il sogno lucido, e l'evocazione, e che nel 1916 diedero frutto nel libro i Septem Sermones ad Mortuos, stampato e diffuso privatamente da Jung, alla cerchia ristretta di conoscenti. Lo stesso studioso narra come tale opera è nata di getto, attraverso la scrittura automatica, in uno stato di trance dove Jung si identifica con Basilide. Questo stato di possessione è preceduto da fenomeni paranormali che investano la casa e i figli dell'analista: presenze spiritiche, trilli di campanello, sogni inquietanti, che hanno esatto termine, nel momento in cui Basilide-Jung inizia a scrivere. Facile intravedere in questi fenomeni un'incursione ( evocazione ) nella nostra dimensione, di istanze ataviche o di vere e propri fenomeni psichici, o forse più semplicemente, ma non meno inquietante per l'uomo razionale, dell'affioramento dell'inconscio, o porzioni inconscie, sul piano manifesto.

 

Senza volere commentare i sette sermoni, che già varrebbe un lungo lavoro, propongo i passi dove si parla di Abraxas, in modo da meglio chiarire la collocazione di questa chimera nel pensiero di Jung-Basilide.

 

L'effettività li unisce. Quindi l'effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza.
Questo è un Dio che voi non avete conosciuto, perché gli uomini lo hanno dimenticato. Noi lo chiamiamo col nome suo ABRAXAS. Esso è più indistinto ancora di Dio e del demonio.
Per distinguere Dio da lui, chiamiamo Dio Helios o sole.
Abraxas è effetto. Niente gli sta opposto se non l'ineffettivo; perciò la sua natura effettiva si
dispiega liberamente. L'inefettivo non è, e non resiste. Abraxas sta al di sopra del sole e al dì sopra del demonio. E' probabilità improbabile, realtà irreale. Se il pleroma avesse un essere, Abraxas sarebbe la sua manifestazione.

Il sole ha un effetto definito, e così pure II demonio. E quindi ci appaiono molto più effettivi
di Abraxas che è
indefinito. E' forza, durata, mutamento

"Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme. Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile. E' splendido come il leone nell'attimo in cui abbatte la preda. E' bello come un giorno di primavera. Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E' Priapo.
E' il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia. E' l'ermafrodito del primissimo inizio. E' il signore dei rospi e delle rane che vivono nell'acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a
mezzogiorno e a mezzanotte. E' la pienezza che si unisce col vuoto. E' il santo accoppiamento, E' l'amore e il suo assassinio, E' il santo e il suo traditore, E' la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia, Vederlo significa cecità, Conoscerlo è malattia, Adorarlo è morte, Temerlo è saggezza, ..." ( C.G. Jung )

 

“Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l’uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l’infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male….Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano…Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio. Ogni cosa che create col Dio sole dà al demonio il potere di agire. Questo è il terribile Abraxas."” .

Jung propone quindi un Abraxas come la causa prima di ogni manifestazione, e al contempo come materia informe, prima di ogni ordine e forma, almeno nel senso percepito e percepibile dall'umana ragione. Un elemento ( nel senso di elementare ed inscindibile ) dove pensiero, volontà, e oggetto di essi, trovano coesistenza in una completa comunione, non spiegabile attraverso altro che simboli.

Abraxas, in Jung-Basilide, è posto ben oltre il mondo tridimensionale dei fenomeni, esso è la radice del tutto, e di ogni dualità, in quanto il tutto altro non è che un aspetto scisso o percepito del suo dinamismo.

 

Curiosità Templare

 

Non sono molti i sigilli templari che sono giunti a noi, attraversando le pieghe del tempo. Molti sono stati distrutti, o semplicemente perduti, successivamente alla sospensione dell’ Ordine  da parte del Papa Clemente V.

Uno dei sigilli superstiti porta inciso la sagoma di Abraxas, prendendone quindi il nome, o in alternativa quello di  “Gemma Gnostica”. Storicamente viene fatto risalire al Precettore di Francia Andre’ de Coloors, 1215 circa, riportante il motto: "SECRETUM TEMPLI". Il "dio gnostico" di Basilide lo ritroviamo anche sui sigilli appartenuti a Luigi VII, da Margherita di Fiandra, con la frase incisa Sigillum Secreti, dall’ dai Vescovi di Canterbury e di Chichester, e da altri prelati. Tutti questi sigilli hanno una collocazione temporale che non pare superi i primo due decenni del 1200.

Possiamo avanzare due lecite ipotesi, attorno al perché Abraxas apparisse in sigilli ufficiali di Vescovi, Arcivescovi, Priori di un ordine monastico, e nobili.

La prima è come una certa conoscenza simbolica gnostica, fosse diffusa in un modo maggiore di quanto solitamente si pensa, e come anche strati della Chiesa Cattolica, antagonista millenaria dello gnosticismo, fossero permiabili ad essa. Ciò non significa necessariamente che vi fosse un corpo unico di conoscenza o una elitaria comunità cristiana esoterica, ma solamente che elementi gnostici decontestualizzati erano utilizzati da persone che provenivano da una tradizione ad essi avversa.

La seconda ipotesi che dobbiamo prendere in considerazione, è come una fratellanza gnostica basilidiana fosse presente in tale periodo, e raccogliesse al suo interno anche elementi rilevanti della Chiesa Cattolica, indicando come lo gnosticismo sia sopravvissuto nei secoli proprio occultandosi nella viva carne del suo persecutore.

Oppure che è la gnosi l’ultimo ed estremo segreto, che alcuni occultano attraverso l’ortodossia e i dogmi.

 

La pratica con Abraxas, riflessioni volutamente incompiute

 

Come colui che si trova all'ombra profonda di una stanza, immerso nella folla, e intravede dai contorni di una porta il filtrare di una luce. Decide di elevarsi e camminare sulla teste urlanti, piuttosto che impegnarsi in spinte, e pressioni.

Giunto alla porta, aperta e varcatone il passo, si trova in un altro spazio anch'esso buio, ma di una luce nera diversa, e vuoto.

Fino al giungere estremo di una voce, che lo accompagna la dove dei fenomeni vi è la radice, per poi all'improvviso precipitare nuovamente nella prima delle stanze.

Interrogandosi se ciò che è accaduto, sia frutto di pazzia, ma volonteroso l'indomani notte nell'ora di mezzo, a volgere ancora una volta il proprio cammino la dove la coda si confonde con la testa.

 

Un’onda fredda e scura, che circolarmente spinge ogni cosa verso l’esterno, lasciando affiorare, dopo una lunga attesa sul bordo del pozzo, delle immagini perse nella fissità. In quanto è forse impossibile abbracciare la vastità che ci racchiude, senza dover rinunciare completamente ad essere.

 

Conclusioni

 

Non è semplice offrire delle conclusioni attorno ad un argomento così complesso e dalle sottili vibrazioni come il simbolismo e l'operatività connessa ad Abraxas, e che concernano  ad una realtà misterica di quasi duemila anni fa, certamente non votata a quella sincretistica universalità che tanto affligge l'esoterismo moderno.

 

Per quanto è emerso sotto il profilo simbolico, non possiamo soffermarci su come Abraxas rappresenti un concetto archetipale, talmente sofisticato e astratto, che sembra sfuggire a qualsiasi possibilità di comunicazione dialettica. Esso raccoglie in se la terra e il cielo, il sacro e il profano, l'uomo e il divino, il positivo e il negativo, il maschile e il femminile, la materia e lo Spirito, l’evoluzione e l'involuzione. Tali coppie non vivono, e neppure convivono, nella loro separatività, e neppure formano un equilibrio grottesco, ma bensì sono presenti ad uno stato potenziale, su di un piano superiore, non legato a fattori come percezione e cognizione, soggetto ed oggetto, ma di totale fusione.

 

Ecco quindi Abraxas afferire alla totalità e alla complementarità, di questo mondo superiore di cause prime, ma anche essere l'artefice delle cause che sul nostro piano produrranno effetti. Del resto la bestialità/lunarità - umanità - bestialità/solarità ci suggeriscono che cogliamo l'una o l'altra solamente per un difetto percettivo-cognitivo, e che tale scissione decade nel momento in cui abbracciamo la complessa unicità del simbolo e dell’uomo.

 

Abraxas si colloca quindi prima di ogni effetto, e prima di ogni causa essendo esso stesso causa ed oggetto in potenza. La chiave Abraxas, ci porta a dichiarare come tutto il nostro mondo del fare e del pensare è da un lato parziale, e dall'altro lato secondario. Parziale in quanto scissione statica di un insieme maggiore, particola separata da noi stessi di un continuo, che altro non è che uno sviluppo aperto di qualsiasi forma chiusa, e dall'altro secondario perchè frutto di agenti e agiti che si pongono su di un altro piano dell'idea-formazione. 

 

Volendo identificare Abraxas con questo Altro piano dell'idea-formazione, esso è il nucleo occulto, avvolto dal mondo interiore e dal mondo esteriore. Dove in un locus atemporale e multidimensionale, coesistono le infinte volontà dell'uomo-dio. Locus da noi solamente percepito nella sua esteriorità, in quanto posto oltre l'abisso e il silenzio che separa la nostra comprensione-compressione legata alle quattro dimensioni e all'emersione delle idee.

Nei fatti ognuno di noi è l'espressione ultima di Abraxas, e ogni nostro atto è la creazione o  la distruzione di un mondo, che in se non è che una delle dimensione finite, che compongono le multidimensioni infinite.

Non è forse ogni nostra azione sul piano materiale, il frutto di una scelta o non scelta, di una volontà-riflesso su di un piano emotivo istintuale e\o intellettuale ? Non comporta essa la creazione di una serie di eventi, e la non creazione su questo piano di altre serie di eventi ? Che però sussistono, coesistono ed insistono nel locus atemporale ove la volontà-riflesso è stata partorita ?

Da Jung-Basilide:

 

"In questo mondo l'uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo."

 

Esiste un mondo che non si genera e non si distrugge? Esso è Abraxas in quanto ogni mondo è in esso in potenza, e non in numero. Un Abraxas superiore, svincolato completamente da ogni azione e forma grossolana, di cui noi siamo il caduco riflesso, ma non in cielo e neppure all’inferno va ricercato, bensì in noi stessi.



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