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Mani e Manicheismo

Hans Jonas

 

 

Il metodo di Mani; la sua vocazione.


Col sistema valentiniano abbiamo imparato a conoscere il vertice toccato dal tipo siro-egiziano di speculazione gnostica. Il suo opposto per il tipo iranico è il sistema di Mani. Sebbene abbia avuto origine un secolo più tardi, esso rappresenta per il suo contenuto teoretico, in ragione del tipo come tale e nonostante l'alto grado di elaborazione, un livello più arcaico di pensiero gnostico. In realtà il semplice e schietto dualismo «zoroastriano» dei due princìpi opposti e coeterni, che Mani assume come punto di partenza, rende inutile il compito teoretico di sviluppare il dualismo stesso in una storia trascendentale interna, impresa che provocò le sottigliezze della speculazione valentiniana. D'altra parte, e forse proprio per tale ragione, quello di Mani è l'unico sistema gnostico che divenne una forza storica di ampia portata, e la religione basata su di esso, nonostante il suo tramonto finale, dev'essere annoverata tra le maggiori religioni dell'umanità. Mani infatti, solo tra i fondatori di sistemi gnostici, "ebbe intenzione" di fondare una nuova religione universale, e non raccogliere un gruppo scelto di iniziati; perciò la sua dottrina, a differenza dell'insegnamento di tutti gli altri Gnostici, ad eccezione di Marcione, non contiene niente di esoterico. I Valentiniani si consideravano una "élite" di persone che hanno la scienza, i «pneumatici», separati a ragione della profondità della conoscenza dalla gran massa dei cristiani di semplice fede; e la loro esegesi pneumatica della Scrittura sottolineava la differenza tra il significato manifesto accessibile agli «psichici» e quello nascosto riservato a loro stessi.

Il compito di Mani non fu quello di penetrare gli aspetti segreti di una data rivelazione e di stabilire una minoranza di alta iniziazione all'interno di una chiesa già esistente, ma piuttosto quello di fornire una nuova rivelazione, un nuovo corpo di Scrittura, e gettare le fondamenta di una nuova chiesa che avrebbe dovuto soppiantare ogni altra esistente ed essere altrettanto ecumenica quanto la Chiesa cattolica affermava di essere. Di fatto il manicheismo fu per un certo tempo un serio rivale per la Chiesa cattolica, col suo tentativo di una religione organizzata di massa che si occupava della salvezza del genere umano e di un'attività missionaria sistematica per raggiungere questo fine. In breve, si trattò di una chiesa sul modello della Chiesa cattolica incipiente.

Sotto un certo aspetto la «cattolicità» di Mani superò il modello cristiano: sia per amore d'un appello universale sia per le sue molteplici affinità, egli diede alla sua chiesa una base dottrinale tanto sincretistica quanto era compatibile con l'unità dell'idea gnostica centrale. In linea di principio egli riconobbe l'autenticità e la validità provvisoria delle grandi rivelazioni primitive (1); in pratica, nel primo tentativo in questo senso conosciuto dalla storia, egli fuse deliberatamente elementi buddisti, zoroastriani e cristiani col suo insegnamento, cosicché non soltanto poteva dichiararsi il quarto e ultimo profeta in una serie storica e la sua dottrina il compendio e la conclusione di quella dei suoi predecessori (2), ma la sua missione in ciascuna delle tre aree dominate dalle rispettive tradizioni religiose poteva sottolineare quell'aspetto della sintesi manichea che era familiare alla mente dei suoi ascoltatori. Il successo sembrò dapprima giustificare questo indirizzo eclettico. Il manicheismo si estese dall'Atlantico all'Oceano Indiano e fin nel profondo dell'Asia centrale. In Oriente i suoi missionari raggiunsero punti molto oltre le aree penetrate dalla cristianità, e là alcuni rami della chiesa sopravvissero per secoli dopo che in Occidente i suoi rami erano stati soppressi dalla Chiesa cattolica vittoriosa.

Tuttavia non bisogna supporre che a causa del metodo sincretistico il sistema stesso fosse sincretistico. Al contrario, fu la rappresentazione più monumentale ed unica del principio religioso gnostico, per la quale furono impiegati di proposito nella dottrina e nella mitologia gli elementi delle religioni più antiche. Non si può negare che il pensiero di Mani fosse di fatto influenzato dalle tre religioni, i cui fondatori - Budda, Zoroastro, Gesù - egli riconosceva come suoi precursori. Se cerchiamo di misurare tale influenza, potremmo dire che quella della religione iranica fu più forte nella sua cosmogonia, quella della religione cristiana nell'escatologia e quella del buddismo nell'ideale etico e ascetico di vita umana. Il cuore del manicheismo tuttavia fu la versione speculativa personale di Mani del mito gnostico dell'esilio cosmico e della salvezza, e questa versione si è mostrata di una vitalità sorprendente: come principio astratto, spogliato della maggior parte dei particolari mitologici con cui Mani lo aveva abbellito, riapparve continuamente nella storia delle sètte cristiane medievali, dove spesso «eretico» equivaleva a «neo-manicheo». Perciò, mentre in profondità e sottigliezza di pensiero fu certamente inferiore alle migliori creazioni della gnosi siro-egiziana, che con le loro sofisticazioni si rivolgevano ad un gruppo scelto, dal punto di vista della storia delle religioni il manicheismo fu il prodotto più importante dello gnosticismo.

Mani nacque a Babilonia, che apparteneva allora al regno parto, probabilmente da genitori persiani, intorno al 216 d.C. Pare che suo padre appartenesse ad una setta «battista», nome che con ogni probabilità indica i Mandei (o più probabilmente gli Elcesaiti o Sabei a questi molto affini): infatti la poesia degli inni manichei mostra la netta influenza dei modelli mandei. Durante la sua infanzia avvenne la ricostruzione del regno persiano sotto i Sassanidi. La sua attività principale come insegnante e organizzatore di una nuova religione si svolse sotto Shapur Primo (241-272) e fu crocifisso sotto il successore Bahram Primo nel 275 d.C. circa. Ricevette la sua «vocazione» durante il regno di Ardashir Primo, il fondatore della dinastia Sassanide, morto nel 241. Ecco come egli stesso ci descrive l'avvenimento:


«Negli anni di Ardashir, re di Persia, crebbi e raggiunsi la maturità. In quell'anno particolare in cui Ardashir... (3), il Paraclito Vivente scese su di me e mi parlò. Egli mi rivelò il mistero nascosto che era stato celato ai mondi e alle generazioni: il mistero della Profondità e dell'Altezza; mi rivelò il mistero della Luce e delle Tenebre, il mistero del conflitto e della grande lotta che la Tenebra suscitò. Mi rivelò in che modo la Luce [respinse? vinse?] la Tenebra mediante il loro frammischiarsi e come [di conseguenza] fu stabilito questo mondo... mi illuminò sul mistero della formazione di Adamo il primo uomo. Mi istruì sul mistero dell'Albero della Conoscenza di cui Adamo mangiò, per cui i suoi occhi si aprirono e videro; il mistero degli Apostoli che furono mandati nel mondo a scegliere le chiese [ossia a fondare le religioni]... Così mi fu rivelato dal Paraclito tutto quello che è stato e che sarà, tutto quello che gli occhi vedono e le orecchie odono e il pensiero pensa. Per lui imparai a conoscere ogni cosa, vidi il Tutto per mezzo di lui, e divenni un "solo" corpo e un "solo" spirito» (Keph. I, 14, 29 -15, 24).


Questa narrazione autobiografica della sua chiamata (non riferita integra) contiene già in sunto i punti principali e i princìpi della dottrina sviluppata in seguito da Mani. Tale dottrina vuole esporre «l'inizio, il mezzo e la fine» del dramma completo dell'essere, dove la triade designa le tre maggiori divisioni dell'insegnamento: «Il fondamento della dottrina di Mani è l'infinità dei "primi princìpi"; la parte di mezzo riguarda il loro "mescolamento"; e la fine, la "separazione" della Luce dalle Tenebre» (4).

 

Tratto da LO GNOSTICISMO edizioni Sei







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