- La salvezza.
La speculazione
intorno alle
origini, che
fornisce
l'ontologia
sulla quale si
basano tutte le
altre parti
dell'insegnamento
valentiniano, è
l'aspetto
essenziale del
valentinianesimo.
La teoria
valentiniana
sull'uomo e
sull'etica sarà
mostrata in
seguito in un
contesto
diverso. Per
quel che
riguarda la
dottrina della
salvezza ne
abbiamo indicato
l'idea
principale
nell'introduzione
di questo
capitolo e
mostrato la
connessione con
l'essenza della
speculazione
stessa. Si può
perciò
comprendere ora
in concreto come
i Valentiniani
fondassero la
sufficienza
metafisica della
gnosi rispetto
alla salvezza
nella natura
stessa
dell'essere
universale,
facendo derivare
l'esistenza e la
condizione del
mondo inferiore,
e con esso
l'esistenza e la
condizione
dell'entità
composta «uomo»,
dall'"ignoranza"
di un Eone e
riducendo tutto
il sistema
fisico a
categorie
spirituali. La
speculazione
valentiniana
stessa, intesa
nel suo spirito
proprio,
riassume in
forma di
conoscenza il
processo della
caduta,
l'odissea
dell'ignoranza,
e con ciò fa
provenire
l'esistenza, che
è la vittima
dell'una e
l'agente
dell'altra,
dalla profondità
di cui descrive
la generazione.
In che modo la
«perfetta
salvezza» è
definita come
«la cognizione
stessa della
grandezza
ineffabile» è
stato mostrato
nel passo di
Ireneo citato a
p. 192 (in nero,
cap. 7, a).
Possiamo ora
aggiungere
alcune linee del
"Vangelo della
Verità" la cui
descrizione
ellittica del
concetto,
rivolta agli
iniziati,
sarebbe di per
sé difficilmente
comprensibile in
tutte le sue
implicanze
speculative.
«Poiché la
Dimenticanza [il
mondo inferiore]
è venuta
all'esistenza
per il fatto che
essi [gli Eoni]
non hanno
conosciuto il
Padre, perciò se
essi raggiungono
la conoscenza
del Padre, la
Dimenticanza in
quello stesso
istante diventa
non-esistente.
Quello, dunque,
è il Vangelo di
Colui che essi
cercano e che
[Gesù] ha
rivelato al
Perfetto» (E.V.
18, 7-14). Ci
resta soltanto
da aggiungere
qualche cosa
circa il perché
ci sono degli
uomini che
devono essere
salvati.
Torniamo alla
precedente
affermazione che
delle tre
sostanze,
materia, anima e
spirito, che
erano venute
all'essere, la
Sophia poteva
«formare»
soltanto le
prime due, ma
non il pneuma,
perché era della
sua medesima
essenza. Questo
frutto perciò
proveniente da
lei doveva
passare nel
mondo e
attraverso il
mondo per essere
«formato» nel
suo corso. Il
Demiurgo è uno
strumento
inconsapevole in
tale processo.
Come parte e in
adempimento
della sua
creazione egli
forma l'uomo
terreno e spira
in lui l'uomo
psichico.
L'elemento
pneumatico, che
la Madre aveva
prodotto dalla
visione degli
angeli, non
poteva essere
percepito da lui
perché della
stessa essenza
della Madre, e
pertanto non
poteva che
essere
segretamente
depositato nella
sua creatura.
Così per mezzo
di un agente
inconsapevole il
seme spirituale
veniva immesso
nell'anima e nel
corpo umano per
esservi portato
come in una
matrice fino a
che fosse
cresciuto
sufficientemente
per ricevere il
Logos. Il pneuma
soggiorna nel
mondo in modo da
essere
preformato là
per la finale
«formazione» per
mezzo della
gnosi. Questo
era lo scopo
segreto che la
Madre si
proponeva con la
creazione
demiurgica. La
gnosi stessa
viene infine
portata giù, per
quella parte del
genere umano
sufficientemente
preparata a
riceverla, da
Gesù unito al
Cristo, che
discende nel
Gesù umano
durante il
battesimo nel
Giordano e si
diparte da lui
prima della sua
passione,
cosicché la
Morte è
ingannata. La
sofferenza del
Gesù mortale non
aveva altro
significato che
quello di uno
stratagemma
(28). La
«passione» reale
era quella
precosmica della
Sophia superiore
e inferiore, ed
è stato ciò che
ha reso
necessaria la
salvezza, non
ciò che ha
portato la
salvezza. Né
c'era mai stato
un «peccato
originale»
dell'uomo, una
colpa dell'anima
umana: c'era
stata invece la
colpa, prima del
tempo, di un
Eone, un
sovvertimento
divino, la cui
riparazione
richiedeva a sua
volta la
creazione del
mondo e quella
dell'uomo.
Perciò il mondo,
sconosciuto al
suo autore
immediato,
esiste per la
salvezza, e non
la salvezza per
ciò che è
avvenuto
nell'ambito
della creazione
e alla
creazione. E
l'oggetto reale
della salvezza è
la divinità
stessa, il suo
scopo
l'integrità
divina.
Gli spiriti
trasformati
dalla conoscenza
rimangono nella
regione mediana
dell'Ogdoade,
dove la loro
Madre, la
Sophia,
rivestita di
essi attende la
consumazione del
mondo. La sua
salvezza finale
ha luogo quando
tutti gli
elementi
pneumatici nel
mondo sono stati
«formati» dalla
conoscenza e
perfezionati.
Allora gli
spiriti
spogliati delle
loro anime, con
la loro Madre
entrano nel
Pleroma, che
diviene la
camera nuziale
dove ha luogo il
matrimonio della
Sophia con Gesù
e quello degli
spiriti con i
loro sposi, gli
angeli intorno a
Gesù. Con ciò,
la Pienezza è
ristabilita
nella sua
integrità, la
violazione
originaria
infine riparata,
la perdita
pretemporale
recuperata;
materia e anima,
espressione
della caduta,
col loro sistema
organizzato, il
mondo, cessano
di esistere. Per
concludere,
ancora una
volta, citiamo
il "Vangelo
della Verità".
«Il Padre...
rivela ciò che
di Se stesso era
stato nascosto
(ciò che di Se
stesso era
nascosto era suo
Figlio),
cosicché
mediante la
compassione del
Padre gli Eoni
possano
conoscerlo e
cessare di
affannarsi nella
ricerca del
Padre, riposando
in Lui,
conoscendo che
il riposo
consiste in
questo: avendo
colmato la
Deficienza, Egli
abolì la Forma.
La sua Forma è
il cosmo, al
quale egli (il
Figlio?) era
stato
assoggettato.
Perché il luogo
in cui c'è
invidia e
dissenso, è la
Deficienza ma il
luogo che è
Unità è la
Pienezza.
Essendo la
Deficienza
venuta
all'esistenza
perché essi non
conoscevano il
Padre, così
quando conoscono
il Padre, la
Deficienza
scompare nello
stesso istante.
Come l'ignoranza
di una persona,
nel momento che
essa viene a
conoscere
scompare
spontaneamente;
come la tenebra
si dissolve
all'apparire
della luce, così
anche la
Deficienza si
dissolve di
fronte al fatto
della Pienezza.
Quindi da quel
momento in poi,
la Forma non è
più apparente,
ma scompare
nella fusione
con l'Unità -
perché ora le
loro opere sono
divenute uguali
l'una all'altra
- nel momento in
cui l'Unità
perfeziona gli
spazi» (E.V. 24,
11 - 25, 10).