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La Posizione del Fuoco tra gli Elementi

Hans Jonas

 

 

LA POSIZIONE DEL FUOCO TRA GLI ELEMENTI.

Abbiamo visto come gli elementi materiali fossero derivati dalle emozioni successive attraverso le quali la Sophia era passata nella sua sofferenza. Il numero di queste emozioni è fissato a quattro o tre, a seconda che l'«ignoranza» è calcolata tra di esse o no. La condizione fondamentale della Sophia errante, antecendentemente alla sua differenziazione nella pluralità di affezioni, è l'ignoranza. D'altra parte, nelle enumerazioni della serie completa di affezioni, talvolta l'ignoranza, messa in capo alla lista e congiunta alle altre con un semplice «e», sembra essere una, seppure la prima, nel loro numero coordinato. Tuttavia l'ignoranza non è mai solamente una di loro, ma precedendole nella loro genesi, è anche esplicitamente detto che persiste come loro "genus" comune e principio piuttosto che come una condizione separata. Di fatto, propriamente parlando, ci sono soltanto tre affezioni o passioni - angoscia, timore, confusione (o spavento) - e di esse si afferma che «sono tutte "nell'ignoranza"» o che «l'ignoranza è immanente in tutte e tre». Ciò spiega come la guarigione della Sophia dalle sue affezioni può avvenire per mezzo della comunicazione della conoscenza, la sua «formazione di conoscenza», poiché questo mette fine alla loro condizione soggiacente. Ora, dato che gli elementi di materia dovevano essere messi in relazione uno per uno con le affezioni come loro princìpi originanti, e il numero tradizionale di elementi era quattro, era necessario che l'ignoranza fosse considerata come un principio "particolare" per formare il numero, tuttavia non doveva perdere per tale correlazione il suo "status" unico come principio "generale" di tutte esse. I Valentiniani hanno fatto di questa apparente difficoltà un'occasione eccellente per sottolineare la funzione fondamentale dell'ignoranza nel loro sistema ontologico: all'ignoranza nel regno mentale hanno fatto corrispondere nel regno fisico il fuoco, che come il suo archetipo non è tanto un elemento tra elementi, quanto una forza attiva in ognuno di essi. Perciò abbiamo citato a p. 205 (in nero) la correlazione della terra con lo spavento, dell'acqua col timore, dell'aria con l'angoscia, terminando: «il fuoco, tuttavia, è inerente a tutti questi con morte e corruzione, appunto come l'ignoranza è nascosta nelle tre passioni». Soltanto a causa di questa correlazione spirituale i Valentiniani hanno speculato intorno alla posizione eminente del fuoco tra gli elementi, non certo perché interessati in una teoria fisica per se stessa. Tale elaborazione dell'aspetto fisico si può trovare negli "Estratti da Teodoto", 48, 4: «Nei tre elementi agisce, si diffonde fuori e giace nascosto il fuoco; da essi è acceso e con essi muore, perché non ha un suo proprio carattere separato dagli altri elementi coi quali sono formate le cose composte».

Ciò naturalmente richiama la posizione del fuoco in Eraclito, che è stata poi ripresa e sviluppata dagli Stoici nella loro cosmologia. In quel tempo la dottrina era così largamente conosciuta nella versione stoica che la funzione fondamentale del fuoco nel sistema valentiniano della natura può essere considerata come una di quelle appropriazioni intenzionali che riuniscono l'accettazione di uno schema cosmologico con la sua radicale e rinnovata valutazione secondo uno spirito anticosmico. Questa è la maniera in cui gli Stoici consideravano la posizione cosmica del fuoco: «Questa essenza calda e ardente è così diffusa in tutta la natura che è inerente ad essa il potere di procreazione e la causa del divenire» (Cic., "Nat. deor." II, 9, 28); per essi è «il fuoco razionale», «la Mente ignea dell'universo», l'elemento realmente divino del cosmo. Ma ciò che per gli Stoici è portatore della Ragione cosmica, per i Valentiniani è per la stessa onnipresenza in tutto il creato l'incarnazione dell'Ignoranza. Mentre Eraclito parla del «fuoco immortale», essi parlano del fuoco come «morte e corruzione» in tutti gli elementi. Tuttavia perfino loro accetterebbero che la cosiddetta «vita» "cosmica" e la cosiddetta «ragione» "demiurgica" siano in modo conveniente simbolizzate nel fuoco, e infatti in molti sistemi gnostici il Demiurgo è espressamente chiamato il dio del fuoco; ma poiché questa «vita» e questa «ragione» nella loro vera natura sono morte e ignoranza, l'accordo di fatto si limita ad una sottile caricatura della dottrina stoico-eraclitea. Si nota qui la transizione alla concezione del fuoco come elemento infernale: come tale lo ritroveremo nel «fuoco bruciante delle tenebre» che i Manichei consideravano una delle proprietà della «Materia».

Tratto da LO GNOSTICISMO edizioni Sei







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