LA POSIZIONE DEL
FUOCO TRA GLI
ELEMENTI.
Abbiamo visto
come gli
elementi
materiali
fossero derivati
dalle emozioni
successive
attraverso le
quali la Sophia
era passata
nella sua
sofferenza. Il
numero di queste
emozioni è
fissato a
quattro o tre, a
seconda che
l'«ignoranza» è
calcolata tra di
esse o no. La
condizione
fondamentale
della Sophia
errante,
antecendentemente
alla sua
differenziazione
nella pluralità
di affezioni, è
l'ignoranza.
D'altra parte,
nelle
enumerazioni
della serie
completa di
affezioni,
talvolta
l'ignoranza,
messa in capo
alla lista e
congiunta alle
altre con un
semplice «e»,
sembra essere
una, seppure la
prima, nel loro
numero
coordinato.
Tuttavia
l'ignoranza non
è mai solamente
una di loro, ma
precedendole
nella loro
genesi, è anche
esplicitamente
detto che
persiste come
loro "genus"
comune e
principio
piuttosto che
come una
condizione
separata. Di
fatto,
propriamente
parlando, ci
sono soltanto
tre affezioni o
passioni -
angoscia,
timore,
confusione (o
spavento) - e di
esse si afferma
che «sono tutte
"nell'ignoranza"»
o che
«l'ignoranza è
immanente in
tutte e tre».
Ciò spiega come
la guarigione
della Sophia
dalle sue
affezioni può
avvenire per
mezzo della
comunicazione
della
conoscenza, la
sua «formazione
di conoscenza»,
poiché questo
mette fine alla
loro condizione
soggiacente.
Ora, dato che
gli elementi di
materia dovevano
essere messi in
relazione uno
per uno con le
affezioni come
loro princìpi
originanti, e il
numero
tradizionale di
elementi era
quattro, era
necessario che
l'ignoranza
fosse
considerata come
un principio
"particolare"
per formare il
numero, tuttavia
non doveva
perdere per tale
correlazione il
suo "status"
unico come
principio
"generale" di
tutte esse. I
Valentiniani
hanno fatto di
questa apparente
difficoltà
un'occasione
eccellente per
sottolineare la
funzione
fondamentale
dell'ignoranza
nel loro sistema
ontologico:
all'ignoranza
nel regno
mentale hanno
fatto
corrispondere
nel regno fisico
il fuoco, che
come il suo
archetipo non è
tanto un
elemento tra
elementi, quanto
una forza attiva
in ognuno di
essi. Perciò
abbiamo citato a
p. 205 (in nero)
la correlazione
della terra con
lo spavento,
dell'acqua col
timore,
dell'aria con
l'angoscia,
terminando: «il
fuoco, tuttavia,
è inerente a
tutti questi con
morte e
corruzione,
appunto come
l'ignoranza è
nascosta nelle
tre passioni».
Soltanto a causa
di questa
correlazione
spirituale i
Valentiniani
hanno speculato
intorno alla
posizione
eminente del
fuoco tra gli
elementi, non
certo perché
interessati in
una teoria
fisica per se
stessa. Tale
elaborazione
dell'aspetto
fisico si può
trovare negli
"Estratti da
Teodoto", 48, 4:
«Nei tre
elementi agisce,
si diffonde
fuori e giace
nascosto il
fuoco; da essi è
acceso e con
essi muore,
perché non ha un
suo proprio
carattere
separato dagli
altri elementi
coi quali sono
formate le cose
composte».
Ciò naturalmente
richiama la
posizione del
fuoco in
Eraclito, che è
stata poi
ripresa e
sviluppata dagli
Stoici nella
loro cosmologia.
In quel tempo la
dottrina era
così largamente
conosciuta nella
versione stoica
che la funzione
fondamentale del
fuoco nel
sistema
valentiniano
della natura può
essere
considerata come
una di quelle
appropriazioni
intenzionali che
riuniscono
l'accettazione
di uno schema
cosmologico con
la sua radicale
e rinnovata
valutazione
secondo uno
spirito
anticosmico.
Questa è la
maniera in cui
gli Stoici
consideravano la
posizione
cosmica del
fuoco: «Questa
essenza calda e
ardente è così
diffusa in tutta
la natura che è
inerente ad essa
il potere di
procreazione e
la causa del
divenire» (Cic.,
"Nat. deor." II,
9, 28); per essi
è «il fuoco
razionale», «la
Mente ignea
dell'universo»,
l'elemento
realmente divino
del cosmo. Ma
ciò che per gli
Stoici è
portatore della
Ragione cosmica,
per i
Valentiniani è
per la stessa
onnipresenza in
tutto il creato
l'incarnazione
dell'Ignoranza.
Mentre Eraclito
parla del «fuoco
immortale», essi
parlano del
fuoco come
«morte e
corruzione» in
tutti gli
elementi.
Tuttavia perfino
loro
accetterebbero
che la
cosiddetta
«vita» "cosmica"
e la cosiddetta
«ragione»
"demiurgica"
siano in modo
conveniente
simbolizzate nel
fuoco, e infatti
in molti sistemi
gnostici il
Demiurgo è
espressamente
chiamato il dio
del fuoco; ma
poiché questa
«vita» e questa
«ragione» nella
loro vera natura
sono morte e
ignoranza,
l'accordo di
fatto si limita
ad una sottile
caricatura della
dottrina
stoico-eraclitea.
Si nota qui la
transizione alla
concezione del
fuoco come
elemento
infernale: come
tale lo
ritroveremo nel
«fuoco bruciante
delle tenebre»
che i Manichei
consideravano
una delle
proprietà della
«Materia».