Conoscenza
Tradizionale,
Cultura ed
esoterismo
contemporaneo
di
Filippo Goti

Le antiche
scuole
iniziatiche si
formavano come
scuole
filosofiche, o
comunità di
laboriosa Opera.
Nelle prime il
fulcro era
rappresentato
dalla ricerca di
una verità
filosofica
essenziale,
capace di
riassumere e
ridurre in se il
rapporto che
lega ciò che è
manifesto con la
radice
metafisica di
cui è
espressione. I
circoli
platonici,
pitagorici, le
comunità
gnostiche
alessandrine ben
esprimono la
tradizione delle
scuole
filosofiche.
Nelle seconde,
le comunità di
laboriosa Opera,
si permutarono
concetti e
simboli dalle
scuole di Arte e
Mestiere, onde
indicare
attraverso il
modellare della
materia,
attraverso
l'arte e il
genio, la
volontà di
studio e di
dominio delle
leggi che
governano la
manifestazione.
La libera
muratoria, i
circoli
alchemici, i
costruttori di
cattedrali
afferiscono alla
via laboriosa (
Ars Reale, Ars
Regia, Opera
Magna, ecc..).
Meditazione,
introspezione,
contemplazione,
retrospezione,
preghiera
esoterica,
saranno gli
strumenti
prediletti dalle
scuole
filosofiche;
mentre la
teurgia, la
magia invocativa
ed evocativa,
saranno gli
strumenti
impiegati dalle
scuole di
laboriosa Opera.
Ecco quindi la
ricerca del
Reale, nella sua
duplice
accezione di ciò
che non è caduco
e transitorio, e
ciò che è
sovrano rispetto
al sensibile,
esperirsi lungo
due sentieri che
non tendono a
ricongiungersi
negli strumenti,
bensì nel
desiderio prima,
e volontà poi,
di Conoscenza.
Una Conoscenza
tramite
l'immersione
interiore
nell'estasi
filosofica,
nella
contemplazione
prima delle
forme, poi dei
dinamismi delle
forme, fino a
coglierne la
radice; oppure
attraverso il
dominio delle
forme e la
comprensione
delle regole e
gli artefici a
cui sono
sottoposte.
Duplice sentiero
che trova poi
unità nella
figura del
Sacerdote
Sovrano, che
assiso in trono
fra le colonne
del Tempio
governa e
custodisce
l'essenzialità
della
Tradizione:
conformandosi
così al non
agire, in quanto
in lui l'azione
è cosa unica con
la volontà e la
forza; venendo
quindi a cadere
ogni distinzione
fra causa ed
effetto. Da qui
la
consapevolezza
taoista del non
agire (wu wei),
il motto di
Essere nel mondo
ma di non essere
del mondo,
oppure stranieri
in terra
straniera.
Comprendo bene
che l'esoterista
di cui noi
stiamo parlando
non è un
semplice
associato, un
iniziato
virtuale, ma un
Adepto ( dal
sanscrito
toccare,
cogliere,
ottenere):
L'iniziato
percorre la via
del mistero,
l'Adepto conosce
il mistero.
Con quanto sopra
indicato non
vogliamo certo
negare che
sussistessero
rapporti fra le
varie
fratellanze,
comunità ed
ordini; e
certamente città
come Babilonia,
Alessandria
d'Egitto, e Roma
rappresentarono
fucina di
proficui
incontri e
confronti; ma è
bene precisare
che essi
avvenivano fra
"Signori" di
arte e di
filosofia.
Iniziati formati
al fuoco
filosofico ed
esperienziale,
argonauti delle
profondità dello
spirito,
dominatori della
propria scienza,
e quindi in
grado di
comprendere
l'autentica
sintesi che non
proviene
dall'informazione,
ma bensì dalla
pratica. Altresì
non può avvenire
nessun vero
scambio e
giovamento, fra
coloro che
difettano nella
formazione e
nella
comprensione
della scienza
dei misteri. In
quanto, essi,
non hanno niente
di altro da
scambiare che
impressioni
legate a
dinamismi
psicologici, a
semplice
percezione degli
oggetti del
discorrere. In
quanto la vera
conoscenza non è
quella che pone
il conoscitore
esterno a ciò
che si vuole
conoscere; ma
che è cosa unica
fra conoscitore,
conosciuto, e
processo
conoscitivo. Il
possedere un
novero di
informazioni,
non significa
necessariamente
possedere una
qualsiasi
formazione;
mentre è spesso
indicativo di
confusione e
quindi
dell'esatto
contrario di ciò
che è ricercato
dall'iniziato:
l'unità.
Un'Unità che
tradizionalmente
è espressione di
un eroico
procedere
attraverso una
sintesi
operativa, e
giammai
attraverso una
speculazione
fine a se stessa
ed in ultima
analisi
masturbatoria.
Possiamo
sicuramente
sostenere come
tale forma di
Conoscenza, o
sintesi
operativa, sia
corrispettivo
intellettuale
del livello
dell'essere
dell'Adepto, il
fulcro che si
forma
dall'intersezione
del piano
vitale, animico
e spirituale in
virtù della
capacità
esperienziale.
Non legata al
solo piano
sensibile, o del
manifesto, ma
relata al vivere
all'intero ogni
singolo
accadimento.
Ecco quindi che
la differenza
fra fenomeno ed
essenza, sarà
correlata alla
capacità
dell'Adepto di
sondare, prima,
penetrare, poi,
e comprendere
infine l'oggetto
della sua
indagine.
Ovvio che in
tale visione
tradizionale,
legata
all'esperienza
vissuta su più
piani
dell'essere, la
cultura moderna
non ha carattere
di necessarietà
ed
indispensabilità
al percorso
iniziatico; in
quanto essa non
è espressione di
un sistematico
apprendere,
bensì di una
perpetua cascata
di informazioni,
nozioni,
immagini, e
concetti.
L'ovvia
constatazione
dei fatti
impedirebbe di
considerare
cultura diffusa,
ciò che in
realtà altro non
è che una
eterogenea
ipertrofia
informativa.
La definizione
legata al
termine cultura
avendo a
riguardo il
singolo è la
seguente: "
patrimonio
specifico di
conoscenze e
nozioni
organicamente
legate fra loro
che un individuo
possiede, e che
contribuiscono
in modo
sostanziale alla
formazione della
sua personalità
"
Avendo a
riguardo una
comunità: "il
complesso del
sapere
letterario,
artistico e
scientifico
proprio di un
popolo o di
un'epoca"
Già le
definizioni
sopra indicata
pongono
l'accento su
come il
patrimonio
culturale sia al
contempo
soggetto a
modificazioni,
ma anche teso a
determinare il
modo di
relazionarsi di
un singolo o di
un popolo nella
lettura del
circostante.
Implicitamente
appare come un
tale concetto di
cultura è
composto non
solo da quanto
esperito nel
corso del tempo
da parte di un
singolo o di una
comunità, che in
tal caso si
pongono come
parti attive; ma
anche da ciò che
subiscono in
virtù della
pressione di
agenti e
strutture a loro
esterni.
L'allontanamento
della cultura
dal piano
esperienziale di
un individuo o
di un popolo,
collocano gli
stessi sia in
una condizione
di progressivo
sradicamento
culturale e
tradizionale,
sia impediti a
distinguere ciò
che è reale
(esperito), da
ciò che reale
non è
(dialettico,
indotto,subito).
E'
chiarificatrice
del concetto
sopra esposto
l'etimologia
della parola
cultura. La
quale deriva dal
latino
"coltivare";
ponendo
fortemente
l'accento sia su
di un'Opera
continua,
laboriosa, e
faticosa; ma
anche sullo
stretto legame
che anticamente
esisteva fra
uomo, terra e
cultura. Se ciò
era vero nei
tempi antichi,
oggi non lo è
più visto il
progressivo
sradicamento
dell'uomo dalle
proprie
essenziali
tradizioni. Ed è
indubbio che
questo processo
agisce non tanto
attraverso la
materialità,
quando piuttosto
attraverso idee
e concetti che
lentamente ma
inesorabilmente
infiltrano e
contaminano le
società moderne.
Si sbaglierebbe
però a pensare
che tale agire
sia limitato
alla sfera
essoterica, in
quanto investe
anche ambiti
mesoterici ed
esoterici (o
presunti tali).
E' tipico
esempio quella
parte della
Libera Muratoria
che abbandonata
la dimensione
del Laborioso
Fare, (che si
esprime un'Opera
che investe
collegialmente
la fratellanza
di loggia), a
causa di una
degenerescenza
del legame
ideale, è
ridotta a
consorteria
affaristica e
con velleità
parapolitiche.
Con fratelli che
chiedono voti ad
altri fratelli,
con Gran Maestri
che trascinano
l'istituzione
nell'agone della
dialettica
politica,
tacendo poi
sugli scandali
di varia natura
dove la
commistione con
ciò che
inevitabilmente
è profano porta.
E' indubbio che
ciò accada,
solamente quando
si è venuto a
creare un
distacco fra la
Massoneria
Spirituale, e la
Massoneria
Istituzione.
Onde con il
primo termine ci
riferiamo a quel
deposito
sapienziale che
permette al Rito
di non
degenerare in
Commedia. La
causa è da
ricercarsi in
chi aveva la
responsabilità
di accogliere, e
non ha più posto
l'Eccellenza
come elemento
qualificante, ma
la convenienza;
ecco che
l'istituzione
frana, e le
catene
iniziatiche si
allungano fino a
spezzarsi. La
degenerescenza
dell'Idea di
Illuminazione in
illuminismo, di
sacralità in
laicità, non può
che
rappresentare la
riduzione alla
mera sfera
speculativa-razionale,
di ciò che in
origine era un
percorso
sapienziale. Il
quale sussiste
ancora oggi
limitatamente a
qualche
espressione
framassonica,
dove il metodo
viene applicato
e non confuso
con il
risultato.
E' inoltre
lontano dal
concetto di
conoscenza
tradizionale la
Teosofia e
l'intera New Age;
visti come vero
e proprio
ostacolo di
tenebre lungo il
sentiero del
lavoro
individuale. Le
continue
speculazioni
cosmogoniche, le
perversioni
della
prospettiva
storica, le
sincretistiche
riproposizioni
di ciò che
sarebbe la
verità,
l'addossamento
della colpa
dello stato
dell'uomo non a
se stesso, ma a
congiure
religiose, e
l'assoluta
assenza di una
reale
operatività,
sono i tratti
salienti della
Teosofia.
La continua
teorizzazione e
discussione
porta il teosofo
a cristallizzare
in chiave
razionale-discorsiva,
ciò che dovrebbe
essere un punto
di arrivo
dell'essere
stesso; capace
di vivere
l'oggettività
dell'accadimento,
e non
soffermarsi
attorno alla
descrizione
altrui del
fenomeno.
Nella rimozione
del sacro della
massoneria
moderna, così
come
nell'effimero
del sacro della
Teosofia,
possiamo
individuare due
pericolosi
veleni che
circolano in
ogni ambito
iniziatico. Dove
la progressiva
assenza di
operatività, e/o
di comprensione
dell'operatività,
unità alla
possibilità di
accesso di
uomini e donne
formati negli
ambiti teosofici
o massonici
laici-illuministi,
porta il sacro
fuoco lentamente
a spegnersi
sotto la forza
delle acque
della
dialettica,
della
speculazione, e
della
degenerescenza
dei simboli in
segni.
Non possiamo che
rimanere
sgomenti ed
attoniti,
innanzi ai
Maestri moderni
che confondono,
proprio per
assenza di
comprensione
dell'essenziale
operatività, ciò
che è uno
strumento da
applicare o una
sintesi
esperienziale
altrui, con la
tangibilità di
un ultra
sensibile; che
proprio in
quanto tale non
dovrebbe
ricadere nella
teorizzazione e
nella
dialettica.
Confusi, questi
maestri,
traggono in
errore i propri
discepoli,
ammaestrandoli
attorno al
pensiero divino,
alla sua
funzione nella
manifestazione,
e non
preparandoli ad
interrogarsi
attorno alle
leggi che
governano il
loro pensiero.
Oltre
all'assenza di
vigilanza e di
formazione,
ritengo che
elemento da non
sottovalutare in
questa
sovversione
moderna sia
anche l'assenza
di una
dimensione epica
della ricerca
iniziatica. E'
preferibile
rimuovere il
concetto del
sacro, oppure di
estenderlo
all'infinito, o
di ridurlo a
semplice
dialettica; in
quanto così
agendo viene
esclusa la
possibilità di
errare. Se
l'azione è nel
mondo profano,
quindi legata a
ciò che è
misurabile in
termini fisici,
oppure limitata
alla
teorizzazione,
quindi
rapportabile a
ciò che è
misurabile
attraverso la
dialettica,
allora non vi è
rischio di
errare
procedendo lungo
la via della
massificazione.
Eccoci quindi
ancora una volta
innanzi ad una
sovversione,
essendo il
processo
iniziatico un
tendere alla
diversificazione
rispetto a ciò
che eravamo. Del
resto concludo
osservando che
questo moderno
modo di
intendere
l'esoterismo,
certamente non è
metodo che porti
ad essere
liberi: bensì
alla maschera
della dialettica
profana, si
sostituisce la
più sottile
maschera di
speculazione
pseudoiniziatica.

|