- Sofferenza
della Sophia
inferiore.
Essendo divenuta
cosciente per la
formazione
impartita da
Cristo, la
Sophia
abbandonata si
mette con tutto
l'impeto alla
ricerca della
luce svanita, ma
non può
raggiungerla
perché il Limite
impedisce la sua
corsa
precipitosa.
Essa non può
attraversarlo a
causa della sua
contaminazione
con la Passione
originaria, e
costretta a
rimanere sola
nell'oscurità
esterna, cade in
preda ad ogni
specie di
sofferenze
esistenti. In
ciò essa ripete
al suo livello
la scala di
emozioni che sua
madre provò nel
Pleroma, con la
sola differenza
che ora tali
passioni
assumono la
forma di stati
definitivi di
essere e come
tali possono
diventare la
sostanza del
mondo. Tale
sostanza dunque,
psichica e
materiale, non è
altro che la
forma estraniata
da sé e decaduta
dello Spirito,
solidificata da
atti in
condizioni
abituali e
trasformata da
processo interno
in fatto
esterno. Quanto
questo punto
fosse
fondamentale
nella
speculazione dei
Valentiniani è
dimostrato dalla
considerazione
del numero di
varianti in cui
la scala di
emozioni è stata
sviluppata e dai
rispettivi
corrispondenti
assegnati a
ciascuna di esse
in termini di
«sostanza» (18).
Il fatto stesso
che la
correlazione tra
emozioni ed
elementi non è
stata fissata
nei particolari
ma varia da
autore ad
autore, e forse
anche nel
pensiero di un
solo e medesimo
autore, mostra
quanto si sia a
più riprese
meditato su tale
soggetto.
La narrazione
sulla quale ci
soffermiamo in
modo principale
offre a questo
punto la
seguente serie
di emozioni:
"dolore", perché
essa non poteva
prendere
possesso della
luce; "timore",
che oltre la
luce anche la
vita potesse
abbandonarla;
"confusione", in
aggiunta alle
altre; e tutte
queste unite
nella qualità
fondamentale di
"ignoranza"
(essa stessa
considerata come
una
«affezione»). E,
come risultante,
ancora un altro
stato mentale:
il "volgersi"
(conversione)
verso il Datore
di Vita.
«Questa, dunque,
divenne la
composizione e
la sostanza (19)
della Materia,
in cui consiste
questo mondo;
dalla
conversione
hanno avuto
origine tutte le
anime del mondo
e del Demiurgo;
dal timore e
dall'angoscia ha
avuto inizio
tutto il resto».
In termini
numerici, che
sono la sola
costante in
questa parte
della
speculazione,
abbiamo cinque
«affezioni» in
tutto, quattro
negative o del
tutto tenebrose
(«passioni» nel
senso più
ristretto), una
positiva o
semiluminosa.
L'ultima,
chiamata qui
«conversione»,
altrove (in
Ippolito) anche
«supplicazione»
e «preghiera», è
l'origine di
tutto ciò che è
psichico nel
mondo e sta in
un grado
intermedio tra
materia e
spirito. Le
quattro passioni
cieche sono
naturalmente le
sorgenti dei
quattro elementi
tradizionali
della materia.
Vedremo in
seguito in che
modo la
posizione
speciale
dell'«ignoranza»
come
denominatore
comune delle
altre "tre" è
situata in tale
correlazione.
Per quanto
riguarda le
altre tre,
«angoscia» e
«timore» sono
più di continuo
menzionate nelle
enumerazioni,
«confusione»
("aporia") è
talvolta
sostituita da
«costernazione»
o «spavento» ("ekplexis"),
e a volte la
triade diventa
una tetrade per
l'aggiunta di
«riso», il cui
correlativo
fisico è la
sostanza
luminosa
dell'universo
(ossia quella
del sole e delle
stelle, che è
considerata
differente dal
fuoco): «Ora
essa pianse e si
angosciò perché
era stata
lasciata sola
nella Tenebra e
nel Vuoto; ora,
considerandosi
parte della Luce
che l'aveva
abbandonata,
essa divenne
allegra e
sorridente; ora
cadde di nuovo
nel timore e
altre volte essa
era sconvolta e
stordita» (Iren.
I, 4, 2).