Lo Strano Caso
dei Canonici di
Orléans
Marco Moretti

Ad Orléans nel
1022 avvenne un
fatto misterioso
che gettò la
Corte del Re di
Francia nel
panico. Un prete
di nome Eriberto
svolgeva il suo
prestigioso
incarico di
cappellano
presso la dimora
di un nobile
franco, Arefasto
di Crepon. Il
chierico aveva
ricevuto la sua
istruzione
religiosa ad
Orléans da due
canonici di
Santa Croce:
Stefano e Lysoe
(Lisoio). Forse
era convinto di
essere
ineccepibile
agli occhi della
Chiesa di Roma.
Senonché un
giorno cercò di
istruire
Arefasto nelle
dottrine che
aveva ricevuto,
e questi si
accorse
immediatamente
della loro
natura
eterodossa. La
cosa è degna di
nota, perché a
quell'epoca i
nobili franchi
avevano in
genere una
cultura di
infimo livello.
Già stupisce che
questo Arefasto
sapesse leggere
e scrivere,
ancor più strano
che sapesse di
teologia al
punto da operare
nette
distinzioni tra
ortodossia
cattolica e
contenuti
ereticali. Il Re
di Francia,
Roberto II il
Pio (972-1031),
fu
immediatamente
informato della
presenza eretica
assieme a sua
moglie Costanza
di Arles. Il
fatto che
l'eterodossia si
fosse sviluppata
in seno
all'organizzazione
della Chiesa di
Roma destò un
terribile
scandalo.
Su consiglio del
sovrano,
Arefasto si
infiltrò nella
setta per
raccogliere
prove. Una volta
accumulate
testimonianze
sufficienti
degli
insegnamenti
segreti dei
canonici di
Orléans, questi
furono arrestati
e interrogati in
modo
approfondito.
La dottrina e i
costumi di
questi preti e
di queste suore
erano
inconfondibili.
Lo Spirito
Santo, fonte di
ispirazione, era
trasmesso
tramite
l'imposizione
delle mani in un
rito molto
simile al
Consolamentum.
Non veniva
attribuito alcun
valore a
sacramenti come
il battesimo e
l'eucarestia, e
non veniva
riconosciuta la
Trinità. La
cristologia si
fondava sulla
negazione
dell'incarnazione,
della morte e
della
resurrezione di
Gesù. Era
praticata
l'astensione
dalle carni, e
il matrimonio
era condannato
come il peggiore
di tutti i mali.
Abbiamo visto
nei casi di
Leotardo
e dei
Protocatari di
Monforte
una relativa
prudenza da
parte della
Chiesa Romana.
In questo caso
invece
l'applicazione
di misure
draconiane fu
una diretta
imposizione di
Roberto il Pio e
della sua
crudele
consorte. Mentre
in diverse aree
esisteva già una
forte presenza
di gruppi di
idee bogomile,
spesso sostenuti
da buona parte
della
popolazione, in
Orléans
esplodevano
reazioni
popolari di
intolleranza e
di ferocia.
La folla insorse
e tentò di
linciare i
canonici mentre
si trovavano in
chiesa, convinta
che il Vescovo
non avrebbe
avuto la volontà
di punirli. La
Regina Costanza
si frappose tra
gli insorti e
gli accusati,
non certo per
spirito di
giustizia, ma
solo per
impedire che il
sangue
insozzasse e
profanasse il
suolo
consacrato. Il
clima esoterico
in cui questi
protocatari
erano immersi
era il prodotto
della necessità
oltre che del
segreto
iniziatico.
Mimetizzarsi e
propagare il
Verbo di
nascosto era
l'unica chance
di sopravvivenza
in una ambiente
tanto ostile. Il
processo, opera
del potere
secolare, si
svolse con
metodi brutali e
primitivi.
In netto
contrasto con la
purezza della
loro fede, gli
imputati sotto
tortura furono
costretti a
confessare ogni
genere di
aberrazione:
adorazione di
Satana, riti
orgiastici
collettivi e
persino
uccisioni di
bambini con
consumazione
finale delle
loro carni
bruciate. In
questo si vede
il peso che
l'autorità
patristica aveva
su una chiesa
smarrita di
fronte a ciò che
non poteva
conoscere. Una
cinica esigenza
di
razionalizzazione
dell'insondabile
portava a
rinnovare in
modo artificioso
accuse rivolte
agli Gnostici e
ai Manichei
molti secoli
prima. Secondo
gli avversari
dello
Gnosticismo nei
primi tempi del
Cristianesimo,
le peggiori
dissolutezze si
sarebbero
accompagnate in
modo quasi
automatico a
coloro che
disprezzavano in
modo radicale la
procreazione.
Secondo
Agostino, gli
Eletti dei
Manichei
avrebbero
coltivato
segretamente il
vizio, tanto che
descrisse
l'episodio
boccaccesco di
un Perfetto che
avrebbe tentato
di ghermire una
donna.
Per i
rappresentanti
della morale
normativa, non
era possibile
fare altro che
applicare quanto
scritto dalle
autorità
antiche, le cui
opinioni erano
considerate
sempiterne e
immutabili. Così
quanto Agostino
diceva DOVEVA
essere la guida
nel giudicare di
situazioni del
tutto dissimili.
Le masse prive
di qualsiasi
istruzione,
ricorrevano per
contro a
spiegazioni
grossolane:
nelle loro
testimonianze
Agostino è
assente, mentre
compare sempre
come sola causa
il "diverso".
Secondo alcuni a
spargere
l'eresia
sarebbero stata
di volta in
volta una donna
venuta
dall'Italia,
oppure un
contadino pagano
versato nelle
arti magiche.
La Regina
Costanza
dimostrò una
grande crudeltà
e aberrazione,
anche per il
metro di
quell'epoca.
Quando si
accorse che uno
dei capi della
setta, Stefano,
era stato il suo
istruttore
spirituale, lo
accecò
personalmente
servendosi di un
bastone
acuminato. Soltanto
due degli
imputati
abiurarono. Il
28 dicembre del
1022 gli altri,
in tutto una
quindicina,
furono arsi vivi
sul rogo. Alcuni
segnalano questa
sentenza come la
prima nel suo
genere: in
Occidente nessun
eretico sarebbe
stato condannato
ad essere
bruciato prima
di allora (in
Oriente la
pratica era
comune da
secoli). Vediamo
come di lì a
pochi anni la
stessa condanna
avrebbe colpito
i membri della
comunità di
Monforte. L'idea
si stava
diffondendo con
la rapidità del
vento. Il corpo
di un altro
canonico,
Teodato, che era
morto tre anni
prima, fu
esumato, fatto a
pezzi e
disperso.
Queste
esecuzioni non
lasciarono
Roberto il Pio
del tutto
soddisfatto, e
il capro
espiatorio della
sua ira fu il
Vescovo di
Orléans Thierry
(Teodorico), che
fu destituito
per la sua
incapacità ad
individuare e
sopprimere la
dissidenza
religiosa tra i
suoi chierici.
Nello stesso
anno numerosi
Protocatari
vennero scoperti
a Tolosa e
condannati a
morte.
Difficilmente
l'oblio cancella
del tutto
episodi di
questo genere.
Passarono molti
secoli, e 866
anni dopo i
roghi dei
Canonici di
Santa Croce
accadde che un
uomo di nome
Jules Doinel
compì delle
ricerche
nella biblioteca
di Orléans. Vi
scoprì per puro
caso un
manoscritto del
canonico Stefano
e lo studiò con
attenzione. Pur
provenendo da
una famiglia
molto cattolica,
Doinel era uno
spirito ribelle
quanto ambiguo.
Fu cacciato dal
seminario perché
ossessionato da
morbose visioni
dell'Eterno
Femminino, e
dopo alterne
vicende divenne
massone ed
occultista,
dedicandosi alle
sedute
spiritiche
allora tanto di
moda. Colpito
dagli argomenti
del protocataro
di Orléans,
Doinel cominciò
a indagare sui
movimenti
dualisti che si
sono avvicendati
nel corso dei
secoli, finendo
col convincersi
che il
fondamento della
dottrina
massonica fosse
proprio lo
Gnosticismo. In
realtà la
Massoneria non è
affatto
dualista, e vede
nell'universo
materiale
l'opera di un
Grande
Architetto
piuttosto che di
un Creatore
Malvagio. Si
tenga anche
conto che nel
confusionario
XIX secolo si
avevano
conoscenze
approssimative
di questi
argomenti.
Doinel cominciò
ad avere
allucinazioni e
visioni
mistiche.
Affermò di
essere stato
consacrato
Vescovo di
Montségur e
Primate degli
Albigesi
direttamente
dall'Eone Gesù.
Un argomento
ingegnoso quanto
vano per ovviare
alla difficoltà
di reperire un
Consolamentum
valido (il
bypass della
successione
apostolica è
comune in molte
associazioni
moderne). Se può
sussistere
qualche dubbio
sulla sua
osservanza della
Regola dei Buoni
Uomini, di certo
non si fece
mancare
conoscenze
mondane e sedute
spiritiche. Un
gran calderone
in cui
degenerazioni
del Libero
Spirito si
mescolavano a
dottrine della
Cabala travisate
e incomprese, il
tutto rinsaldato
da suggestioni
misticoidi. In
questo clima
assolutamente
folle fu evocato
lo spirito del
Canonico
Stefano, ma il
culmine si ebbe
quando quaranta
Vescovi Catari
avrebbero
proclamato
Doinel Vescovo
dell'Assemblea
del Paracleto,
organizzazione
che dal 1890 fu
conosciuta come
Chiesa Gnostica.
In preda a nuove
crisi di follia,
nel 1894 Doinel
abdicò dal suo
ruolo di capo
della Chiesa
Gnostica e si
separò anche
dalla
Massoneria,
convertendosi
alla Chiesa di
Roma. Per anni
si scagliò
contro la setta
che aveva
fondato,
accusandola di
rappresentare il
Demonio. Dopo la
pubblicazione di
numerosi libelli
antimassonici di
grande violenza
verbale, ecco
l'ennesimo colpo
di scena: Doinel
chiese umilmente
di essere
riammesso in
seno alla Chiesa
Gnostica,
dichiarando di
essere sempre
rimasto fedele
allo
Gnosticismo.
Negli anni che
gli rimasero
continuò in ogni
caso a seguire
anche i riti
della Chiesa di
Roma. Morì a
Carcassonne nel
1902.
Resta una
domanda: dov'è
finito il testo
del Canonico
Stefano di
Orléans?

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