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Il Dualismo Anticosmico di Marcione

Marco Moretti

 

 

85 anni dopo la nascita di Cristo un grande uomo iniziava il suo cammino terreno nella città di Sinope, sulle rive del Mar Nero. Il suo nome era Marcione, ed era figlio di un vescovo cristiano che possedeva grandi ricchezze. Esercitando la professione di armatore, accrebbe ulteriormente le fortune paterne, tanto che lasciò una favolosa donazione alla Chiesa di Roma quando si trasferì nell'Urbe.

Essendo un pensatore profondo, Marcione era uno spirito inquieto, insoddisfatto dei dogmi e insofferente della corruzione già allora imperversante. Di fronte a una Chiesa che a un secolo appena dalla sua nascita mostrava i segni del tralignamento, sostenne con grande coraggio un'opera di profondo rinnovamento evangelico. Aveva come ispiratore
Paolo di Tarso, ritenuto l'unico a respingere ogni compromesso tra Cristianesimo e Giudaismo. Per contro la figura di Pietro era da lui considerata in modo molto negativo, in quanto operò il tradimento che aveva trasformato la Chiesa in una potenza affamata di beni materiali.

Così maturò convinzioni che lo portarono in collisione con l'ortodossia. Scomunicato dal suo stesso padre, non si rassegnò e fondò una comunità propria. La rottura fu completa nel 144: persino la donazione che aveva fatto alla comunità cristiana romana gli fu restituita fino all'ultimo sesterzio.

La Chiesa Marcionita conobbe un successo straordinario e si diffuse dovunque nell'Impero, e persino i suoi detrattori più astiosi rimanevano stupiti dal coraggio dei suoi martiri. Quello che si produsse fu il primo scisma della Cristianità, le cui conseguenze sarebbero state capitali nei secoli successivi. Non dobbiamo dimenticarci che la stessa posizione dell'intero Cristianesimo era a quei tempi estremamente labile: la nuova religione godeva di periodi di tolleranza de facto che si alternavano a violente persecuzioni. Un trionfo del Marcionismo appare quindi come una concreta possibilità storica, che forse non si verificò solo per una concatenazione di eventi casuali.

Marcione fu colpito dalla discrepanza abissale esistente tra l'Antico e il Nuovo Testamento, al punto che ne dichiarò in modo esplicito l'incompatibilità. Geova non poteva essere lo stesso Dio che Gesù chiamava Padre. Se Gesù annunciava il messaggio dell'Amore, Geova era un Dio tirannico e crudele. Se Gesù predicava la pace e raccomandava di coprire di benedizioni i propri nemici, Geova sanciva in modo fiscale il principio della vendetta imponendo agli umani la Legge del Taglione: occhio per occhio, dente per dente. Le possibilità erano a questo punto soltanto due. O proclamare l'unicità di Dio e constatare la vanità della propria fede in Cristo, oppure affermare l'esistenza di due divinità del tutto dissimili: il Dio Buono (o Dio Ignoto) e il Dio Malvagio (chiamato anche Demiurgo). Ciò a cui Marcione diede origine fu assai simile al nucleo del
Catarismo, in quanto la materia era riconosciuta come opera di Geova e quindi interamente malvagia. L'antitesi radicale tra le due divinità si rifletteva nell'opposizione tra Vangelo e Legge. Un argomento presentato nel Libro dei Due Princìpi (XIII secolo) era già stato esposto da Marcione: il Dio Malvagio ha maledetto Cristo, perché ha detto che è maledetto chiunque pende da un albero. Si profila l'interessante possibilità che l'autore del testo cataro, un maestro della Chiesa di Desenzano, conoscesse almeno indirettamente Marcione.

Sul piano dell'autorità scritturale e dell'etica, Marcione era più intransigente degli stessi Buoni Uomini del Medioevo. Riteneva l'intero Antico Testamento vero ma abominevole e pernicioso, così ne rifiutava l'accoglienza nel canone. Del Nuovo Testamento conservava soltanto una versione epurata del Vangelo di Luca e circa 10 Epistole di Paolo. La Chiesa Marcionita rifiutava l'uso della carne e del vino per chi riceveva il battesimo, come pure prescriveva la cessazione istantanea di ogni matrimonio o relazione. Chi intendeva rimanere sposato e avere una vita più libera poteva rimanere un semplice catecumeno: ricordiamo che a quell'epoca il pedobattesimo non era comune neppure nella Chiesa di Roma. La celebrazione della Cena del Signore avveniva con l'acqua anziché col vino, e per questo i Marcioniti furono detti Idroparastati. Non si trattava di un sacramento eucaristico come inteso dalla Chiesa di Roma, essendo negata la natura corporea di Cristo (cristologia docetista).

Nonostante le somiglianze sorprendenti con lo
Gnosticismo, Marcione non può essere ascritto a tale corrente religiosa, in quanto vi si discostava per un significativo particolare: egli riteneva che la Salvezza non giungesse dalla Conoscenza (Gnosis), ma dalla Grazia.

Un'altra differenza è l'estrema semplicità della struttura logica dell'edificio marcionita, in contrapposizione all'estrema complessità delle costruzioni gnostiche. I suoi successori si avvicinarono in ogni caso fecero causa comune con gli Gnostici e si avvicinarono alle loro posizioni dottrinali.

Mentre le scuole Gnostiche entravano in crisi sul finire del III secolo, il Marcionismo sopravvisse a lungo nonostante l'autorità imperiale facesse di tutto per distruggerlo. Va notato che l'Editto di Milano che concedeva libertà ai Cristiani non comprendeva i Marcioniti. Assieme ai Manichei furono perseguitati con grande ferocia dallo stesso Costantino e dai suoi successori. L'acme della persecuzione fu raggiunto sotto Teodosio, che riteneva la dottrina aberrante in quanto contraria al matrimonio e alla procreazione. Pure molte comunità sopravvissero, soprattutto in Oriente, dove in epoca medioevale dettero origine al
Paulicianesimo

E' del tutto riduttiva e inconsistente l'analisi di molti studiosi, che si ostinano a vedere nel Marcionismo una pura e semplice reazione ai costumi giudaici. Non è raro imbattersi in persone che reputano addirittura Marcione all'origine dell'antisemitismo. Intendo difenderlo da un'accusa tanto ingenerosa. Essendo la sua dottrina docetista, non poteva affermare l'accusa di deicidio: se Cristo non ha avuto un corpo fisico e non ha sofferto con la carne, come avrebbe potuto accusare gli Ebrei di averlo ucciso? Il concetto di razzismo gli era del tutto estraneo, essendo la sua predicazione aperta a tutti, e così pure aborriva la violenza: difficilmente un uomo che non avrebbe ucciso un pollo può essere ritenuto il capro espiatorio di una situazione generata piuttosto dalla plurisecolare intolleranza che contraddistingue la Chiesa Romana. Simili manipolazioni sono sempre state frequenti: i morti sono un facile bersaglio dei calunniatori, perché hanno la mirabile proprietà di non poter rispondere.

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