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I Catari di Leon

Marco Moretti

 

 

Esistevano Credenti Catari e Buoni Uomini anche nella Spagna del XIII secolo. Siccome questo fatto è poco noto al pubblico, penso sia il caso di riportare alcune significative testimonianze in proposito. Questo è quanto scrive Henry Charles Lea, autore protestante americano noto per le sue bizzarre simpatie verso l'Inquisizione e per la sua avversione verso la Conoscenza del Bene - ma la cui opera è in ogni caso un'inestimabile miniera d'informazioni (The History of Inquisition, vol. II, pagg. 180-183): 
 

 Il grande regno di Castiglia e Leon, che abbraccia la maggior parte della penisola spagnola, non ha mai goduto la benedizione del Inquisizione medievale. E' stato più indipendente da Roma rispetto a qualsiasi altra monarchia del periodo. Prelati signorili, nobili turbolenti, e città gelose delle loro libertà hanno permesso scarse opportunità per la centralizzazione del potere della Corona. Le persone erano rudi e incolte, e non molto dedite alla vana speculazione teologica. La loro energia superflua, inoltre, ha trovato ampia occupazione nel compito di riconquistare la terra dai Saraceni. La vasta popolazione di Ebrei e di Arabi conquistati ha dato loro problemi particolari da trattare, che sarebbero stati resi più complicato dai metodi dell'Inquisizione, piuttosto che risolti, fino a quando l'unione di Aragona e Castiglia sotto Ferdinando e Isabella, seguita dalla conquista di Granada, ha permesso a questi monarchi di occuparsi seriamente dell'affare, attraente sia per l'arte di governare che per il fanatismo, di costringere all'uniformità della fede.
E' vero che la leggenda domenicana narra di come Domenico tornò da Roma alla Spagna come Inquisitore Generale, con l'incarico di stabilire lì dell'Inquisizione allo scopo di punire i rinnegati Ebrei e Mori convertiti, e di come è stato calorosamente sostenuto da San Fernando III; di come ha organizzato l'Inquisizione in tutto il paese, celebrando egli stesso il primo auto de fé a Burgos, dove sono stati bruciati 300 apostati, e il secondo auto in presenza del re santo, che portava egli stesso sulle sue spalle fascine per la combustione dei suoi sudditi, e i pertinaci disgraziati avrebbero gioito con aria di sfida nelle fiamme che li stavano consumando; di come, dopo questo, stabilì l'Inquisizione in Aragona, dove si era recato dopo essere stato a Parigi e averla organizzata in Francia, di come, nel 1220, mandò Corrado di Marburgo come inquisitore in Germania, e nel 1221 terminò le sue fatiche con la sua fondazione in ogni parte d'Italia. Tutto questo può essere ritenuto dello stesso valore storico della dichiarazione verace di un vecchio cronista e compatriota del Pifferaio di Hamelin che San Bonifacio era un inquisitore, e che, con il supporto di Pipino il Breve, ha bruciato molti eretici.
Elenchi dettagliati, inoltre, sono dati dei successivi Inquisitori Generali della Penisola Frailes Suero Gomes, B. Gil, Pedro de Iluesca, Arnaldo Segarra, Garcia de Valcos, ecc, ma questi sono semplicemente i Provinciali Domenicani di Spagna, che sono stati autorizzati dai papi di nominare inquisitori, e il cui esercizio di questo potere non si estendeva oltre l'Aragona. Anche Paramo, pur cercando di dimostrare che ci sono stati nominalmente inquisitori in Castiglia, è costretto ad ammettere che praticamente non vi era Inquisizione.
Eppure, anche nella lontana città di Leon, il Catarismo aveva ottenuto un punto d'appoggio. Il Vescovo Rodrigo, morto nel 1232, espulse un certo numero di Catari, richiamati alla sua attenzione per il fatto di aver fatto circolare una storia per eccitare all'odio verso il clero, raccontando di come una povera donna avesse posto una candela sull'altare in onore della Vergine, e di come un prete l'avesse presa per il proprio uso personale. La notte seguente la Vergine apparve alla sua devota, gettandole cera ardente negli occhi e dicendo: "Prendi il salario del tuo servizio.  Non appena te ne sei andata, un sacerdote ha portato via la candela; così come saresti stata ricompensata se la candela fosse bruciata sull'altare, così devi essere punita, dato che per incuria mi hai dato luce soltanto per un attimo". 
Questa storia diabolica, dice Luca di Tuy, un testimone oculare, ha colpito a tal punto le menti dei semplici che la devozione delle offerte di candele è cessata, e ha richiesto due miracoli autentici per ripristinare la fede del popolo.
Durante l'intervallo tra a morte del vescovo Rodrigo, nel marzo 1232, e l'elezione del suo successore, Arnaldo, nel mese di agosto, 1234, gli eretici hanno avuto ampia opportunità di mettere in opera la loro volontà malvagia. Un Cataro di nome Arnaldo era stato bruciato, circa nel 1218, in un luogo in periferia utilizzato per il deposito dei rifiuti. C'era in quel luogo una sorgente che gli eretici hanno colorato di rosso, proclamando che si era miracolosamente trasformata in sangue. Molti di loro, simulando la cecità, la zoppia e la possessione demoniaca, sono stati condotti lì, fingendo di essere curati, dopo aver dissotterrato le ossa dell'eretico e dichiarato alla gente che erano quelle di un santo martire. Le persone sono state animate dall'entusiasmo e hanno eretto una cappella, adorando le reliquie con il massimo ardore. Invano il clero e i frati hanno cercato di arginare la marea: la gente li denunciati come eretici, disprezzando la scomunica con la quale i vescovi limitrofi hanno accolto l'adorazione del nuovo santo, mentre gli eretici veri hanno fatto molti convertiti raccontando in segreto come la vicenda fosse stata gestita, e segnalandola come un esempio della produzione dei santi e dei miracoli. 
Dio ha visitato i sacrileghi con una siccità di dieci mesi, che non è stata interrotta fino a che Luca, a rischio della sua stessa vita, ha distrutto la cappella eretica; e quando è giunta la pioggia c'è stata una repulsione di sentimento popolare che gli ha permesso di espellere gli eretici. Tutto ciò sembrerebbe indicare che gli eretici erano numerosi e organizzati, ma di certo dimostra che non c'era meccanismi per la loro soppressione; tuttavia dopo l'elevazione di Lucas alla sede di Tuy, nel 1239, non si sente di più di eretici o di persecuzioni. La vicenda, a quanto pare, era una manifestazione sporadica, probabilmente di qualche banda di fuggiaschi dalla Linguadoca, che scomparve senza lasciare seguito.
Se ciò che Luca ci dice esser vero, che gli ecclesiastici spesso si univano con gioia al ridicolo con cui gli eretici deridevano i sacramenti e il clero, la Chiesa spagnola non poteva dare molto aiuto all'introduzione dell'Inquisizione. Quanto poco i suoi metodi sono stati capiti risulta evidente nel fatto che quando, nel 1236, San Fernando III ha trovato alcuni eretici a Palencia, ha proceduto a marchiarli in faccia, cosa che li ha portati alla ragione e a chiedere l'assoluzione. Nessuno sembrava sapere che cosa fare di loro, tanto che Gregorio IX se ne è occupato e ha autorizzato il Vescovo di Palencia a riconciliarli. Probabilmente non vi è alcuna verità nella comunicazione di alcuni storici secondo cui il re, in diverse occasioni, è stato costretto a prelevare dai suoi sudditi un tributo di legno con cui bruciare gli impenitenti, e la storia serve solo a mostrare come assolutamente vaghe sono state le concezioni correnti del periodo. 
 

Passaggi poderosi, robusti, non ci sono dubbi, in grado di evocare in poche parole un'atmosfera livida di ignoranza e di brutture, in stridente contrasto con i tentativi di revisionismo tanto diffusi in questi anni. Se la parola "oscurantismo" non è un mero artificio e ha ancora un senso concreto, direi che è proprio quello atto ad etichettare le disastrose condizioni delle plebi ispaniche del XIII secolo, ridotte in condizioni che definire animalesche è dir poco.  

Questo riporta invece, in modo più sobrio, Jean Duvernoy sulla Spagna (La Religione dei Catari, pag. 23):


La provincia di Leon è stata guadagnata dal catarismo nei primi decenni del XII secolo. Un chierico della diocesi di Leon, che nel 1239 doveva diventare vescovo di Tuy in Galizia, Luca, scrisse nel 1234 un'opera confusa e di mediocre ispirazione, con numerosi imprestiti a Isidoro di Siviglia ed a Gregorio, ma che, nel suo terzo libro, lascia passare qualche informazione esatta sulle opinioni e le manovre dei suoi avversari.
Due lettere di Gregorio IX, del 1236 e del 1237, rivelano la presenza di catari a Valencia ed a Burgos, come pure un provvedimento preso contro di loro dal re Ferdinando III.
La Catalogna, per le fonti come per la storia, si ricollega alla Linguadoca. All'est come all'ovest, in effetti, il catarismo è in Spagna un articolo di importazione. 

 
E ancora a pagina 82, traendo dall'opera di Luca di Tuy sui Catari di Leon (De Altera Vita, Adversus Albigensium Errores):

Alcuni fautori degli eretici, spinti dal diavolo, fecero una statua guercia e sfigurata della santissima Madre di Dio, e lo spiegavano... dicendo che nostro Signore Gesù Cristo aveva spinto l'umiltà fino al punto di scegliere, per la salvezza del genere umano, la donna più spregevole... Essi finsero di essere sofferenti di diverse malattie, davanti a quella statua, per far sembrare di essere guariti miracolosamente. La voce si spargeva, come se si fosse trattato di un fatto vero, per città e castelli. E molti preti, mossi da fervore, fabbricavano statue di questo genere e le mettevano nelle loro chiese. Allora gli eretici, svelando come stava veramente la cosa, su cui avevano a lungo taciuto, si misero a prendere in giro le folle di gente che accorrevano per devozione verso quell'immagine. 
 
Reputo interessante citare anche il lavoro di Jack Markward (2000) sul cosiddetto crocifisso cataro, un'altra singolare invenzione dei Catari di Leon prodotta allo scopo di schernire la teologia nicena. L'originale in lingua inglese si trova a questo link:

http://www.shroud.com/pdfs/markwar3.pdf 
 
L'autore riporta innanzitutto l'esistenza di un gruppo ben organizzato di Catari a Leon, concordando con H. C. Lea nell'attribuire la loro origine a fuggitivi dalla Linguadoca. Si dilunga poi nella descrizione dell'opera di Luca di Tuy, in cui il canonico spagnolo riferisce di un tipo di crocifisso prodotto dai Catari in un modo insolito per l'epoca. A quell'epoca, il crocifisso ortodosso constisteva di quattro bracci, ossia pezzi di legno che insieme formavano un stipes verticale, un patibulum orizzontale, un titulus sopra la testa, e un infine suppedaneo che sosteneva il corpo ai piedi. I Catari avevano rimosso proprio il patibulum del crocefisso ortodosso, e stando a Luca di Tuy, l'avrebbero fatto con la maliziosa intenzione di mutilare il segno della croce. A detta dell'ecclesiastico, i bracci del crocifisso costruito in modo tradizionale avrebbero avuto un significato simbolico, rappresentando le quattro regioni della terra e riflettendo il simbolo che aveva ornato le corone imperiali. Per fornire al volgo illetterato la prova di quanto andava affermando, egli arrivò a citare le stigmate di Francesco d'Assisi come prova. Un'altra innovazione che ha destato l'ira di Luca di Tuy è l'uso di tre soli chiodi nel crocifisso, essendo un unico chiodo infilato nei piedi incrociati (raffigurazione che è tipica del crocifisso gotico, oltre che corrispondente al supplizio usato dai Romani). Queste osservazioni spingono Markwardt ad interrogarsi sul motivo che avrebbe spinto i Catari di Leon a fabbricare un simulacro, arrivando infine a mettere assurdamente in discussione l'idea del Docetismo. Stando a Markwardt, dato che i Catari di Leon hanno prodotto crocifissi, avrebbero dovuto credere alla reale sofferenza di Gesù Cristo in un corpo fatto di carne e di sangue. Quello che tale autore non riesce bene a comprendere è che il motivo è esattamente lo stesso che li ha spinti a simulare miracoli per combattere contro la belluina ignoranza del popolino e dei canonici. 

 

   




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