Correva l'Anno
del Signore
1269, 16
dicembre, tre
giorni dopo
Santa Lucia.
Moriva a Ferrara
Armanno
Pongilupo. Il
suo trapasso era
avvenuto in
odore di
santità. Dopo
mesi passati
nella preghiera,
a confessarsi e
a ricevere la
comunione, il
Santo si era
spento. Così
infatti lo
conoscevano
ormai dovunque
nelle terre di
Lombardia, e la
sua fama
aumentava di
giorno in giorno
a causa dei
molti miracoli
che iniziarono a
registrarsi. I
ciechi giunti al
suo sepolcro
riacquistavano
la vista, gli
storpi si
rimettevano a
camminare dopo
averlo pregato.
La salma fu
tumulata in una
cappella del
Duomo di Ferrara
che presto si
riempì di ex
voto. Un
lussuoso
sepolcro fu
fatto arrivare
da Ravenna per
contenere le
spoglie del
Santo, e si
diceva che fosse
stato costruito
per l'Imperatore
Teodosio. A
perorare la
causa per la
santificazione
era proprio il
Vescovo della
città, Alberto,
che aveva fama
di condurre vita
esemplare - cosa
che all'epoca
per un prelato
della Chiesa di
Roma era
abbastanza
eccezionale.
Ma chi era
veramente
Armanno
Pongilupo? Il
suo nome di
famiglia
(secondo altri
era un
soprannome) è
riportato con
diverse
varianti.
Pongilupo,
Pungilupo e
Punzilovo.
L'ultima forma è
chiaramente
dialettale,
essendo lovo la
forma
schiettamente
settentrionale
corrispondente
al toscano lupo.
Da una ricerca è
risultato che
non esiste al
giorno d'oggi
nessuno in
Italia con
questo cognome.
Entrambi i suoi
genitori erano
credenti catari,
e lui stesso era
stato allevato
nella religione
dei Buoni
Uomini. Aveva
contratto
matrimonio con
una donna che
era a sua volta
di famiglia
catara. Nel 1254
era incappato
nelle maglie
dell'Inquisizione:
i Domenicani lo
avevano
imprigionato e
sottoposto a
tortura,
costringendolo
ad abiurare per
aver salva la
vita. Una volta
tornato libero,
si era subito
recato a Verona
dal Vescovo
della Chiesa di
Bagnolo San
Vito, di cui era
membro e si era
fatto impartire
il Consolamentum.
Anche la moglie
era una
Consolata, anche
se risulta che
ricevette il
Sacramento in
una diversa
circostanza. Pur
aderendo
formalmente al
Cattolicesimo
per sviare i
sospetti
dell'occhiuto
apparato
burocratico
pontificio,
Armanno
Pongilupo era
uno dei membri
più attivi della
Chiesa Catara:
si era distinto
nella sua opera
di assistenza di
credenti e Buoni
Uomini
prigionieri.
Se il clero di
Ferrara
sosteneva
Armanno
Pongilupo a
spada tratta e
raccoglieva
dovunque
testimonianze
sulla sua
santità, si fece
avanti un
avvocato del
diavolo: un
domenicano
conosciuto come
Frate
Aldobrandino.
Armanno parlava
spesso di lui ai
suoi amici,
definendolo un
lupo rapace e
dicendo che
aveva fatto
scempio del suo
corpo: era
proprio
l'inquisitore
che lo aveva
sottoposto a
torture
aberranti per
obbligarlo a
credere nello
sconcio della
transustanziazione.
Frate
Aldobrandino era
animato da un
odio cieco ed
assoluto: come
ogni domenicano
era programmato
per
l'annientamento
totale del
Catarismo,
perseguito
tramite la
cremazione fino
all'ultimo Buon
Uomo, vivo o
morto che fosse.
Una
determinazione
che non aveva
nulla da
invidiare a
quella delle SS,
anzi, ancora più
malvagia perché
non si rivolgeva
soltanto ad
esseri viventi:
perseguitava in
egual modo anche
i cadaveri! Non
per nulla i
Domenicani sono
chiamati Cani
del Signore.
Sono infatti
uomini perversi,
assolutamente
maligni,
peggiori dei
cani feroci.
Orbene, questo
frate diabolico
cominciò a
riportare
testimonianze di
spie e di
canaglie, al
fine di
screditare il
Pongilupo.
L'Inquisizione
presentò così
ben ventisei
capi di
imputazione. Tra
questi vi erano
i seguenti:
1) Che egli era
un eretico
4) Che egli
aveva affermato
che non c'era
salvezza nella
Chiesa di Roma,
ma solo tra gli
eretici
5) Che egli
parlava male del
corpo di Cristo
6) Che egli
diede e
ricevette il
Consolamentum da
e a eretici
secondo il loro
rito
7) Che egli
aveva amicizia,
familiarità e
conversazione
con eretici
8) Che egli
diceva cose
eretiche,
parlando male
dei ministri
della Chiesa,
chiamandoli lupi
e demoni perché
perseguitavano i
Buoni Uomini,
cioè gli eretici
10) Che egli
ricadde
nell'eresia dopo
che egli aveva
giurato di
obbedire
all'Inquisizione
11) Che egli
aveva abiurato
l'eresia in
precedenza nel
1254
13) Che egli ere
un messaggero
per gli eretici,
prendendo loro
pane benedetto
da eretici
16) Che gli
eretici vennero
da lui a
riverirlo dopo
la sua morte
Tra le
testimonianze,
emersero alcuni
toccanti episodi
che illustrano
quanto Armanno
Pongilupo
seguisse fino in
fondo
l'autentica Via
degli Apostoli.
Quando il
Consolato
Martino di
Campitello fu
condannato al
rogo, proprio a
Ferrara, Armanno
lo confortò e lo
assistette fino
all'ultimo,
incarnando la
pietà
dell'Evangelio.
Quando i boia lo
posero sulla
pira, non poté
trattenersi
oltre, ed
esclamò:
"Vedete, cosa
sono queste
azioni, bruciare
questo vecchio
Buon Uomo! La
terra non deve
sostenere quelli
che fanno tali
cose!"
Il processo si
trascinò tra
alterne vicende
per circa
vent'anni.
Iniziato nel
1270, si
concluse
soltanto nel
1288, la
sentenza
definitiva
essendo
pubblicata solo
nel 1301. I
malvagi
inquisitori
ebbero la meglio
sul clero locale
e sui devoti del
Santo, ed
eseguirono
l'orrida
sentenza. I
resti del
Pongilupo furono
esumati di notte
e dati alle
fiamme, quindi
le ceneri furono
disperse nelle
lutulente acque
del Po. La
cappella fu
smantellata e
tutti gli ex
voto distrutti.
Si ricorda
l'eroismo di
Donna Spera,
damigella del
Marchese d'Este.
Era una casta
credente che,
costretta dagli
inquisitori a
dir male di
Armanno
Pongilupo, si
rifiutò di
cedere alle
minacce e alla
forza bruta, e
morì da Martire
arsa sul rogo.
Questo caso
illustra come la
maligna Chiesa
di Roma
perseguitò in
modo abominevole
uomini la cui
vita incarnava
in modo totale
il messaggio di
Cristo, non
esitando a
macchiarsi dei
crimini più
atroci e delle
colpe più
indegne pur di
far valere il
suo potere
infame, che è la
Prigione di
Ferro Nero. Gli
atti del
processo furono
resi noti nel
XVIII secolo da
Ludovico Antonio
Muratori, che
però non può
aver merito - in
quanto si
macchiò di una
colpa
innominabile,
componendo opere
piene dell'odio
più belluino
verso la Vera
Chiesa di Dio.
Egli osò
chiamare Armanno
Pongilupo
"faina" e
coprirne il
ricordo di
contumelie.
Questo modo di
esprimersi verso
le vittime del
carnefice
pontificio, del
tutto
ingiustificato,
dimostra
soltanto la
natura non umana
dell'autore,
appartenente al
Creatore
Malvagio anima e
corpo.
Come ultima
cosa, faccio
notare come
molte fonti pur
autorevoli
riportano
erroneamente
come data di
morte di Armanno
Pongilupo il 26
dicembre, e tra
queste c'è anche
Grado Merlo. Mi
trovo costretto
ad emendare
questo errore,
forse nato dalla
singola cattiva
battitura di un
numero e poi
propagatosi a
dismisura. Fanno
fede le
testimonianze
della
successione di
miracoli
attestati nel
corso del 1269 e
all'inizio del
1270:
19 dicembre:
Madonna Nova,
figlia di
Mainardino da
Maderio, e
moglie di
Giovannino da
Achille, della
parrocchia di
Santa Maria in
Vado, Ferrara,
ha giurato alla
presenza del
Sire Alberto,
Vescovo di
Ferrara, e dei
Signori
Federico,
arciprete,
Ferrarino,
canonico, e del
nobile Aldigerio
Fontana, di
Petrocino
Menabuoi, di suo
figlio Pietro e
di molti altri,
di dire la
verità a
proposito della
sua infermità e
della sua cura,
confermando
sotto
giuramento, che
ella ha sofferto
per circa nove
anni nel suo
occhi destro e
che da circa
otto giorni la
tumefazione e il
dolore in
quell'occhio
sono cresciuti,
al punto che
ella non poteva
più vedere. E
oggi è venuta di
persona alla
cattedrale, dove
giace il corpo
di Armanno,
l'Uomo di Dio, e
tre volte con
devozione si è
inginocchiata
davanti alla sua
tomba,
devotamente
pregando Dio
Padre, affinché
attraverso i
meriti di
Armanno potesse
curarla della
sua infermità e
restituirle la
vista. Avendo
detto ciò, ella
fece un'offerta
e presto la
tumefazione è
svanita ed ha
recuperato la
vista.
Lo stesso
giorno, alla
presenza della
sopracitata
testimone,
Gisla, vedova di
Castellano,
della parrocchia
di Santa Maria
in Vado, una
testimone
giurata, ha
detto sotto
giuramento che
aveva conosciuto
Nova da sette
anni, e che
aveva visto
l'afflizione del
suo occhio.
20 dicembre:
Gisla, in
precedenza di
Lendinara,
moglie di
Stefano da
Villanova, che
vive nella
parrocchia di
Borgonuovo, ha
giurato alla
presenza del
Signor vescovo,
del Sire
Federico
arciprete, di
Amedeo e di
Ferrarino
canonici, del
cappellano
Alberto e del
mansionario
Cossa, e su
giuramento ha
detto che per
diciotto anni è
stata storpia
nel suo braccio
destri, fino a
oggi, e che non
era in grado di
sollevarlo fino
alla bocca, e
neppure di
stringere
qualcosa. E oggi
ha fatto voto a
Dio e al Beato
Armanno che
offrirà sulla
sua tomba un
braccio di cera
e una candela
della forma di
una donna
anziana, e che
durante la sua
vigilia
digiunerà per il
resto della sua
vita a pane e
acqua, e
veglierà sulla
tomba quella
notte. E, avendo
formalmente
fatto questo
voto, essa è
venuta alla
tomba del Beato
Armanno e ha
vegliato tutta
notte in pura
devozione e
reverenza. E
questa mattina,
mentre il corpo
di Cristo veniva
elevato dal
prete della
cattedrale,
Gisla, che era
ancora lì,
stette in
reverenza ed ha
alzato entrambe
le sue braccia
ed è stata
liberata
dall'infermità.
28 dicembre:
Marinello,
calzolaio di
Boccacanale, ha
giurato alla
presenza del
Signor Vescovo e
dei Signori
Federico
arciprete,
Ferrarino e
Amedeo canonici,
e ha pronunciato
un giuramento
affermando che
per diciotto
mesi egli era
immobilizzato a
causa della
gotta, dai suoi
lombi ai piedi,
finché non è
passata la
vigilia di
Natale. Con
difficoltà era
in grado di
girarsi nel
letto, ed era
molto tormentato
nelle gambe e
nelle anche, e
non aveva
remissione né di
giorno né di
notte. La
vigilia di
Natale, prima
dell'alba, egli
è stato portato
alla tomba del
Beato Armanno,
ed è stato là
supplicando in
devozione tutto
il giorno fino
all'ora nona,
pregando Dio di
guarirlo dalla
gotta, tramite i
meriti del Beato
Armanno. Quando
la campana ha
suonato, egli si
è sentito libero
dal dolore alle
anche e alle
gambe, e ha
cominciato a
camminare
liberamente e
senza bastone,
cosa che prima
non era capace
di fare.
Gennaio 1270:
Madonna Candiana,
moglie di
Petrocino di
Mazzo della
parrocchia di
San Romano,
Ferrara, alla
presenza del
Signor Vescovo e
di molti altri,
chierici e
laici, ha
giurato di dire
la verità a
proposito
dell'infermità e
alla guarigione
di sua figlia
Tommasina, di
due anni, che è
stata mostrata
al Signor
Vescovo. Sotto
giuramento ella
ha confermato
che sua figlia è
stata per
quattro mesi
afflitta da
ulcere multiple
su entrambi i
lati delle sue
anche, cosicché
era disperata di
poter avere
remissione. E
così elle è
rimasta afflitta
fino a che la
vigilia di
Natale non fu
passata. A
questo punto
Candiana ha
votato la sua
bambina a Dio e
al Beato Armanno,
promettendo che
se fosse stata
guarita, avrebbe
portato alla sua
tomba
un'immagine di
cera con le sue
fattezze. Avendo
fatto questo
voto, il giorno
di Natale
Tommasina è
stata liberata,
le ulcere sono
state guarite.
Ed ella ha
mostrato le
ulcere, che sono
apparse
totalmente
guarite, al
vescovo e a un
gran numero di
persone.
Lo stesso
giorno, Mastro
Enoch, medico e
cittadino di
Ferrara, come
testimone
giurato, ha
asserito sotto
giuramento che
aveva avuto in
cura quella
bambina, figlia
di Candiana, che
era lì presente,
e che aveva
fatto di tutto
per oltre un
mese per
liberarla e
guarirla. Ed
egli sapeva per
certo che era
afflitta da
terribili dolori
a causa delle
ulcere. Quando
egli ha visto
che la sua
infermità era
incurabile,
l'aveva
scaricata e
abbandonata,
dicendo alla
madre della
bambina di
fasciarla e fare
il meglio che
potesse. E
questo avveniva
proprio prima
che il Natale
fosse trascorso.
Mi auguro di
cuore che la
città di Ferrara
presto erigerà
un monumento ad
Armanno
Pongilupo, anche
se le sue vere
fattezze ci sono
sconosciute.